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Contatti digitali

Conversazione via Facebook Email nell’Era della Digitalizzazione, della Globalizzazione ed

Internettizzazione dell’Esistenza 

Ragazzi anormali si scrivono a distanza…

di Irene Ramponi

Una ragazza italiana migrante in Olanda scrive all’amico lontano, in risposta alla piccola email che l’amico stesso le ha appena mandato. Nella sua lettera ci fornisce il suo punto di vista sulla vita nel Nord Europa, in Germania ed Olanda in particolare, ci da’ uno spaccato della sua vita di migrante alla ricerca di se’ stessa, in un viaggio senza vento…e senza Tempo (cit. Timoria, Viaggio Senza Vento, Polygram, Giugno/Luglio 1993). Qui ne viene presentato uno stralcio veloce.

“Le medicine tradizionali sono efficaci, certo, ma sempre robaccia chimica rimangono, che costa cara e serve molto ad arricchire le multinazionali farmaceutiche…Ecco perche’ apprezzo quei medici che si rifiutano categoricamente di prescrivere farmaci allopatici come caramelle! […]. Ora vivo sulla linea di confine tra Olanda e Germania, quindi ho tutto il meglio da entrambe le parti: Birra e Cibo dalla Germania, qualita’ a buon prezzo, divertimenti a non finire, stile di vita libero e piu’ rilassato, piu’ sussidi dallo stato se sei disoccupato, artista, creativo, nullatenente, proletario, sottopagato o semplicemente disperato…Qui i senza tetto non esistono perche’ ognuno ha IL FOTTUTO SACROSANTO DIRITTO AD AVERE UNA CAZZO DI CASA!!! Un cazzo di posto dove stare che non sia sotto i ponti…[…]. Ma ovviamente ci sono severi canoni di meritocrazia, mica la danno a tutti, la casa intendo…Nonostante quasi tutti lavorino e la disoccupazione sia irrilevante, il tenore di vita e’ ottimo, la gente e’ rilassata,  fa festa tutte le sere, senza limiti di orario o scuse tipo che deve andare a letto presto perche’ il giorno dopo deve lavorare…[…]. Qui trovi gente di tutti i tipi, tutta simpaticissima:dai punkettoni old school, agli hardcore warriors, dai techno addicted ai metallari, dai red skin che legnano i nazi, quasi nessun hausettaro…Ma anche molti vecchietti comunicativi con tutore, come mio nonno potrebbe essere, qualche impiegatuccio e, come direste voi, per chi NE VUOLE, ce n’e’ davvero per tutti i gusti…No proibizionismo!!!  E soprattutto, non c’e’ il fottuto Vaticano in casa a rompere i coglioni…

Insomma, Paradies Land o Fantasylandia, che dir si voglia…Io collaboro all’allestimento di mostre, studio e miglioro il tedesco e l’inglese, faccio lavoretti di arti minori che poi vendero’ in qualche mercatino, dipingo quadri, scrivo, leggo, giro per mostre e citta’…Insomma, una bella vita, quella che ho sempre sognato…E per tutto questo devo ringraziare il mio ragazzo, tedesco purosangue, che ho conosciuto al matrimonio di mio cugino; praticamente mio cugino di sangue ha sposato la sorella del mio ragazzo, e noi due ci siamo conosciuti al pranzo di matrimonio, agli inizi di maggio…Abbiamo conversato un po’, e poi, siamo rimasti in contatto via Internet…Lui poi e’ tornato in Italia a trovarmi, abbiamo passato del tempo insieme…Intanto il mio lavoro in casa editrice andava a rotoli, ed ero sull’orlo di una crisi di nervi…Ho cosi’ deciso di cercare lavoro in Germania, in Renania Vestfalia, parte Nord Ovest della Germania, in cui le piu’ grandi citta’ sono Dusseldorf, Colonia, Aachen, ed, in seconda battuta, Duisburg (dove hanno fatto la Love Parade del 2010, dove e’ morta tutta quella gente…). Beh, insomma, io stavo a Duisburg, come ragazza alla pari, dovevo curare quattro mocciosi terribili, due gemelli iperattivi e psicotici, e due ragazzine isteriche e con disturbi alimentari…Ok, avevo una stanza tutta per me, dove pero’ non mi era permesso bere e fumare…Assolutamente peggio della Colonia Ticino, dove almeno ci divertivamo… I miei “carcerieri”, ovvero la famiglia per cui lavoravo e facevo da babysitter, era composta da una donna rossocappelluta, con testa di medusa, bocca di vipera, occhi verdi da Maga Circe, nana e totalmente incapace come mamma, quindi, totalmente esaurita, nevrotica, isterica, iperattiva, la classica impiegatucola borghese, che si lamenta perche’ il marito non porta a casa abbastanza soldi; come se non bastassero quelli che guadagna gia’ come avvocato penalista…Fai un po’ te…Il marito incarnava il tipico tipo di uomo di destra, rosso, obeso e rubicondo, perennemente a dieta, senza mai perdere peso e, obbligato dall moglie, non poteva bere…E la moglie non gliela dava…Insomma, mi sono messa in un bel casino!!! Il mio ragazzo ha fatto di tutto per portarmi a vivere con lui al confine tra Olanda e Germania…Ho resistito tre mesi, di cui 2 senza essere pagata…Si’, pagata ma con le mazzate ricevute dai gemelli e a suon di umiliazioni e prese per il culo dalla quella puttanazza della madre di casa, Susanne, ho deciso di mandarli affanculo, o meglio, il mio organismo ha ceduto e mi hanno ricoverata in ospedale una mezza giornata, sotto valium o non so quale altro tranquillante…Nella lettera di dimissioni, hanno scritto che quel lavoro non faceva per me, e che quindi dovevo rinunciarvi…Ho preso armi e bagagli ed ho levato le tende!!! Sono stata a Duisburg dalla meta’ di luglio ai primi di ottobre, da li’ in poi, mi sono trasferita a Kerkrade, in Olanda, a casa del mio ragazzo, proprio al confine con la Germania…Praticamente, solo attraversando la strada, sei gia’ in Germania! Pensa che noi andiamo a far la spesa a piedi…Abbiamo un appartamento di 4 locali, una specie di piccolo centro sociale/circolo arci/Bed&Breakfast all’occorrenza (solo per i turisti, per gli amici l’ospitalita’ e’ gratuita ovviamente!!! ), che e’ anche la nostra casa allo stesso tempo…Ci manca solo la fermata di Macondo Express all’ingresso e abbiamo tutto…Si’, vita molto punkabbestia, ma mi piace, quindi, me ne sbatto di cio’ che dice la gente e vivo meglio…Finalmente vivo per me stessa…Ovviamente con le difficolta’ economiche connesse, ma e’ il prezzo da pagare per la propria indipendenza e conseguente liberta’ di non dipendere da nessuno e di camminare sulle tue gambe, senza rimpianti, risentimenti e sensi di colpa verso parenti, amici, conoscenti ed ex…Ti diro’, sto da dio da quando ho mollato quel mollusco del mio ex, il musicista incompreso, il narcisista del cazzo che pensa di non valere una sega, che sa di non avere le palle, che ha paura di tutto…Ma di fronte agli amici ed ai compagni di merenda, beh, diventa la persona piu’ brillante, piu’ simpatica, piu’ compagnona del mondo…Bleah, che sbocco!!! Ne ho avuto la nausea…Come cazzo fai a convivere da un anno e mezzo e stare quattro mesi senza un minimo di affettivita’??? E senza una coccola, e senza nemmeno un semplice e fraterno abbraccio…Boh, io non lo so, ma tutti gli amici maschi con cui ne ho parlato mi hanno detto che non e’ fottutamente normale…E cosi’, l’ho mollato e sono stata meglio!!! Ovvio che lui mi ha rinfacciato un sacco di cose, nonche’ sparlato alle spalle, ma, detto sinceramente, fotte eminentemente sega…Beh, questa e’ la mia storia…Scusa se mi sono dilungata, ma era da un po’ che non ci sentivamo, quindi volevo spiegarti un po’ com’era andata, tutto qua…Dimmi che non hai impegni il 2 luglio 2013! :-D”.

Mad Kiss - the-joker-and-harley-quinn fan art

Disgusting - the-joker-and-harley-quinn fan art

 

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Joker & Harley   - the-joker-and-harley-quinn fan art

Mr J and Harleen Quinzel - the-joker-and-harley-quinn fan art

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Farewell Mr. J - the-joker-and-harley-quinn fan art

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Joker and Harley  - the-joker-and-harley-quinn fan art

Il fumetto, di Paul Dini e Bruce Timm, descrive le origini del personaggio, e racconta di come il Joker impiegò solamente 15 minuti per riuscire a sedurre la dottoressa. Nel finale, quando Harley ha ormai rinunciato all’amore del pazzo, si ritrova un regalo spedito proprio dal Joker: una bellissima rosa rossa, con un bigliettino scritto dal Joker che augura a Harley di guarire presto. Inutile dire che la giovane si converte completamente al crimine. Il finale, piuttosto ambiguo, fa intuire che anche il Joker prova, non un amore folle, ma una vera affezione per l’anima gemella trovata.

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Joker + Harley Valentine - the-joker-and-harley-quinn fan art

Let's hug, Sweetie. - the-joker-and-harley-quinn fan art

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Psicologia delle Parafilie

A cura di Monica Barassi, Psicologia in Movimento

Parafilie, cosa sono: Si tratta di quelle manifestazioni patologiche della sessualità che sono state chiamate dapprima perversioni e poi deviazioni sessuali.

Ad esse non appartiene più, da quasi trent’anni, l’omosessualità.
Il nuovo termine vuole indicare che la deviazione (para) dipende dall’oggetto fonte di attrazione (filia).
Prima che nelle forme di rilievo clinico, se ne possono vedere nuclei non necessariamente patologici in soggetti che possono avere comunque difficoltà a vivere la relazione intima in modo anche emotivamente coinvolgente.
Di solito si presentano associate ad un desiderio sufficiente, all’incapacità di investire in una direzione oggettuale definita e alla necessità di far fronte a sentimenti di vuoto. Nelle loro espressioni più benigne, le parafile presentano ancora un certo grado di flessibilità e il soggetto non ne è imprigionato senza via d’uscita.

Ciò invece avviene nelle forme parafiliche organizzate , le quali hanno una codificazione diagnostica ben definita.
Secondo l’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) prodotto dall’American Association of Psychiatry:

le caratteristiche essenziali di una parafilia sono fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che riguardano:

oggetti inanimati;
la sofferenza o l’umiliazione di se stessi o del partner;
bambini o altre persone non consenzienti.
Devono manifestarsi per almeno sei mesi.

Il DAM-IV aggiunge che :
Per alcuni soggetti, fantasie o stimoli parafilici sono indispensabili per l’eccitazione sessuale e sono sempre inclusi nell’attività sessuale. In altri casi, le preferenze parafiliche si manifestano solo episodicamente (per esempio, durante periodi di stress), mentre altre volte il soggetto riesce a funzionare sessualmente senza fantasie o stimoli parafilici. Il comportamento, i desideri sessuali, o le fantasie causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre importanti aree di funzionamento. Le fantasie parafiliche possono essere agite con un partner non consenziente, in modo da risultare lesive per il partner stesso. Il soggetto può andare incontro ad arresto e reclusione. I reati sessuali contro i bambini costituiscono una parte significativa di tutti i crimini sessuali riportati e i soggetti con esibizionismo, pedofilia e voyeurismo costituiscono la maggior parte dei criminali sessuali arrestati. …Le relazioni sociali e sessuali possono essere danneggiate se altri trovano il comportamento sessuale vergognoso o ripugnante o se il partner sessuale del soggetto rifiuta di condividere le preferenze sessuali inusuali.In alcuni casi, il comportamento inusuale (per esempio, atti esibizionistici o la collezione di oggetti feticistici) può diventare l’attività sessuale principale nella vita dell’individuo“.

L’evoluzione della definizione di attività sessuale perversa o parafilie rivela quanto la nosografia psichiatrica rifletta la società che la esprime. Nel contesto di una cultura che considerava la sessualità in termini relativamente ristretti, Freud (1905) definì l’attività sessuale perversa secondo diversi criteri:
1) focalizzata su regioni del corpo non genitali;
2) soppianta e sostituisce l’abituale pratica di rapporti genitali con un partner dell’altro sesso;
3) tende ad essere la pratica esclusiva dell’individuo.

Dal primo scritto di Freud, gli atteggiamenti culturali relativi alla sessualità sono radicalmente cambiati. È emerso che le coppie normali hanno una varietà di comportamenti sessuali. I rapporti orali-genitali, sono stati accettati come comportamento sessuale sano. L’omosessualità e la penetrazione anale sono state rimosse dalla lista delle attività perverse.

Secondo la McDougall (1986) fantasie perverse si riscontrano in tutto il comportamento sessuale adulto, ma causano pochi problemi in quanto non vengono esperite come compulsive. Ha inoltre suggerito di utilizzare il termine neosessualità per indicare le parafilie. Infatti, l’autrice propone di non utilizzare termini intrisi di toni moralistici e peggiorativi e di spostare, così, il focus e la riflessione sulla natura innovativa della pratica e l’intenso investimento dell’individuo nel suo conseguimento.
Lo studioso Stoller (1975, 1985) ha invocato una definizione più ristretta di perversione sessuale. Riferendosi alla perversione come alla forma erotica dell’odio ha asserito che la crudeltà, il desiderio di umiliare e di degradare il partner sessuale, e anche se stessi, sono i determinanti cruciali per classificare un comportamento perverso. Secondo questa prospettiva, l’intenzione dell’individuo è una variabile critica nel definire la perversione. Un individuo viene definito perverso, solo quando l’atto erotico viene utilizzato per evitare una relazione a lungo termine, emotivamente intima con un’altra persona.

La definizione delle parafilie del DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994), nel tentativo di essere non giudicante, ha suggerito la restrizione del termine alle situazioni in cui vengono utilizzati oggetti non umani, vengono inflitti a sé o al proprio partner un effettivo dolore o umiliazione, o vengono coinvolti bambini o adulti non consenzienti. Per considerare il continuum fra fantasia e azione, il DSM-IV ha elaborato uno spettro di gravità. Nelle forme lievi, i pazienti sono turbati dalle loro spinte sessuali parafiliache, ma non le mettono in atto.
Nelle condizioni di gravità moderata, i pazienti traducono la spinta in azione, ma solo occasionalmente. Nei casi gravi, i pazienti mettono ripetutamente in atto le loro spinte parafiliache.

Comprensione psicodinamica delle parafilie
L’eziologia delle parafilie rimane in gran parte piena di mistero. Nonostante alcuni studi abbiano suggerito che fattori biologici contribuiscano alla patogenesi delle perversioni, i dati sono lungi dall’essere definitivi. Anche se sono presenti fattori biologici, sono ovviamente ragioni psicologiche che giocano un ruolo nel determinare la scelta della parafilia e il significato sottostante agli atti sessuali. La visione classica delle perversioni, secondo la teoria pulsionale di Freud (1905) riteneva che in questi disturbi “l’istinto” e “l’oggetto” fossero separati l’uno dall’altro. Scrive Freud che “la pulsione sessuale probabilmente è in un primo tempo indipendente dal proprio oggetto”. Secondo il padre della psicoanalisi, nelle perversioni, le fantasie diventano coscienti e vengono espresse direttamente come piacevoli attività egosintoniche. Secondo Fenichel (1945) il fattore decisivo che impedisce il raggiungimento dell’orgasmo attraverso il rapporto genitale convenzionale è l’angoscia di castrazione. Le perversioni, secondo questa visione classica, assolvono, quindi, la funzione di negare la castrazione. Secondo lo studioso Stoller (1975, 1985) l’essenza della perversione è la conversione “di un trauma infantile in un trionfo adulto”. I pazienti sono spinti dalle loro fantasie di vendicare umilianti traumi infantili causati dai genitori. Il loro metodo di vendetta è di umiliare o disumanizzare il partner durante la fantasia o l’atto perverso. Secondo Michell (1988) l’attività sessuale perversa può anche essere una fuga dalla relazionalità oggettuale. Molte persone che soffrono di parafilie si sono separate e individualizzate in maniera incompleta dalle loro rappresentazioni intrapsichiche della madre. Il risultato è che sentono che la loro identità come persone separate viene costantemente minacciata da una fusione da parte di oggetti interni o esterni. L’espressione sessuale può essere l’unica area nella quale riescono ad affermare la loro indipendenza. La McDougall (1986), che come sopracitato, propone l’utilizzo del termine neosessualità, suggerisce che il comportamento sessuale evolve da una complicata matrice di identificazioni e controidentificazioni con i genitori. Ciascun bambino è coinvolto in un teatro psicologico inconscio che sorge dai desideri e conflitti erotici inconsci dei genitori. Per cui la natura obbligatoria di ogni neosessualità è programmata da copioni genitoriali interiorizzati dal bambino. Infine, secondo l’autrice, certe pratiche ed oggetti sessuali diventano come una droga che il paziente usa per curare un senso di morte interno e una paura di disintegrazione del Sé. Per Kohut (1971, 1977), l’attività perversa comprende un tentativo disperato di ristabilire l’integrità e la coesione del Sé in assenza di risposte empatiche da oggetto-Sé da parte degli altri. L’attività o fantasia sessuale può aiutare il paziente a sentirsi vivo ed integro quando minacciato dall’abbandono o dalla separazione. Un comportamento perverso in terapia può essere una reazione a fallimenti di empatia da parte del terapeuta, che portano ad un temporaneo scompiglio nella matrice Sé/oggetto-Sé. Per quanto concerne, nello specifico, lo studio delle perversioni femminili, la Kaplan (1991) sottolinea che esse implicano dinamiche più sottili rispetto alla sessualità più prevedibile delle perversioni maschili. Delle attività sessuali che derivano dalle parafilie femminili fanno parte le tematiche della separazione, dell’abbandono e della perdita. Concludendo, prima di prendere in esame le dinamiche di ciascuna parafilia, dobbiamo ricordare che la preferenza individuale di una fantasia perversa piuttosto che di un’altra rimangono oscure. Pertanto, la comprensione psicodinamica di un paziente coinvolto in un’attività sessuale perversa implica una comprensione esauriente del modo in cui la perversione interagisce con la sottostante struttura caratterologica del paziente.

Esibizionismo e voyeurismo
Esponendo pubblicamente i propri genitali alle donne e alle bambine sconosciute, l’esibizionista si rassicura di non essere castrato (Freud, 1905 – Fenichel 1945). Le reazioni di shock che queste azioni provocano lo aiuta a fronteggiare l’angoscia di castrazione e gli dà un senso di potere sul sesso opposto. Lo studioso Stoller (1985) ha messo in evidenza che le azioni esibizionistiche tipicamente fanno seguito a una situazione nella quale il responsabile si è sentito umiliato, spesso da parte di una donna. Inoltre, l’atto di mostrare i suoi genitali permette all’uomo di riguadagnare un qualche senso di valore e di identità maschile positiva. Spesso questi uomini rivelano una profonda insicurezza rispetto al loro senso di mascolinità. Secondo Mitchell (1988) gli esibizionisti spesso sentono di non aver avuto nessun impatto su nessuna persona della propria famiglia hanno pertanto dovuto ricorrere a misure straordinarie per essere notati. Anche l’altra faccia dell’esibizionismo, il voyeurismo, comporta la violazione del privato di una donna sconosciuta, un trionfo aggressivo, ma segreto sul sesso femminile. Fenichel (1945) ha associato le tendenze voyeuristiche a una fissazione alla scena primaria infantile, nella quale il bambino assiste o ode a un rapporto sessuale tra i genitori. Questa precoce esperienza traumatica potrebbe stimolare l’angoscia di castrazione del bambino e portarlo poi, una volta adulto, a rimettere in atto la scena più e più volte nel tentativo di padroneggiare attivamente un trauma vissuto passivamente. Infine, lo studioso identificò anche una componente aggressiva nel guardare, concettualizzandola come uno spostamento del desiderio di essere direttamente distruttivo verso le donne, al fine di evitare sentimenti di colpa.

Sadismo e masochismo
Il sadismo e il masochismo, sono le uniche parafilie che si riscontrano regolarmente nei due sessi. I pazienti afferenti da sadismo, stanno spesso inconsciamente tentano di capovolgere scenari infantili nei quali sono stati vittime di abuso fisico o sessuale. Infliggendo ad altri quello che accadde a loro quand’erano bambini, ottengono al medesimo tempo vendetta e un senso di padronanza sulle esperienze infantili di abuso (Fenichel 1945). In termini relazionali, secondo Michell (1988), il sadismo spesso si sviluppa da una particolare relazione interna nella quale l’oggetto rifiutante e distante necessita di uno sforzo energico per superare la propria resistenza rispetto alla propria rappresentazione del Sé. Anche i pazienti masochisti, che hanno bisogno di umiliazioni e addirittura di dolore per raggiungere il piacere sessuale, possono star ripetendo delle esperienze infantili di abuso. Secondo Fenichel (1945), i pazienti masochisti possono essere fortemente convinti di meritare delle punizioni per i loro desideri sadici conflittuali e che l’accettazione di un atto sadico è un “male minore” rispetto alla loro paura di castrazione. Secondo la corrente della Psicologia del Sé, il comportamento masochista può essere esperito dal paziente come capace di ristrutturare il Sé. A tal proposito, una paziente masochista scrisse al proprio terapeuta “il dolore fisico è meglio della morte spirituale”. Infine, secondo Mitchell (1988) la resa masochista è la messa in atto di una relazione d’oggetto interna nella quale l’oggetto risponderà al Sé solo quando viene umiliato.

Feticismo
Per raggiungere l’eccitamento sessuale, i feticisti hanno bisogno di usare un oggetto inanimato, spesso un articolo di biancheria intima femminile, o una scarpa, oppure una parte non genitale del corpo. Freud originariamente spiegò il feticismo come derivato dall’angoscia di castrazione. L’oggetto scelto come feticcio rappresenta il pene femminile, uno spostamento che aiuta i feticisti a superare l’angoscia di castrazione. Seguendo la premessa secondo la quale la consapevolezza maschile dei genitali femminili accresce la paura dell’uomo di perdere i suoi stessi genitali e di diventare come una donna, Freud pensò che questa simbolizzazione inconscia spiegasse la presenza relativamente comune del feticismo. Il fondatore della psicoanalisi utilizzò questa formulazione per sviluppare il suo concetto di scissione dell’io (1938): nella mente del feticista coesistono due idee contraddittorie: la negazione della castrazione e l’affermazione della castrazione. Il feticcio le rappresenta entrambe. Secondo la studiosa Greenacre (1979) il feticismo deriva da gravi problemi nella relazione madre-bambino: il bambino non può essere consolato dalla madre o da oggetti transazionali. Per esperire un’integrità corporea, il bambino ha bisogno pertanto di un feticcio, un oggetto rassicurante, duro, inflessibile, immutabile e duraturo. Questi precoci disturbi pregenitali vengono in seguito riattivati quando il maschio bambino o adulto è preoccupato riguardo all’integrità genitale. In sostanza la Greenacre ha visto il feticcio operante come un oggetto transizionale.
Anche, lo studioso Kohut (1977), ha sostenuto una visione abbastanza simile del feticismo, sebbene espressa in termini di Psicologia del Sé. Secondo la sua visione, il feticista, in contrasto con i sentimenti di impotenza nei riguardi della madre, può avere un controllo completo sulla versione non umana dell’oggetto-Sé. Pertanto, quello che appare come un intenso bisogno sessuale di un oggetto narcisistico può in realtà riflettere una grave ansia riguardo alla perdita del proprio senso di Sé (Mitchell, 1988).

Pedofilia
Secondo la visione classica (Fenichel, 1945; Freud, 1905), la pedofilia rappresenta una scelta oggettuale narcisistica; questo significa che il pedofilo vede il bambino come un’immagine che rappresenta se stesso. I pedofili venivano anche considerati come individui impotenti e deboli che cercano i bambini come oggetti sessuali in quanto ponevano minori resistenze o creavano minore ansia dei partner adulti, permettendo così ai pedofili di evitare l’angoscia di castrazione.
Nella pratica clinica si riscontra come l’attività sessuale con bambini prepuberi può puntellare la fragile stima di Sé. D’altra parte, il pedofilo spesso idealizza i bambini: l’attività sessuale con loro comporta la fantasia inconscia di fusione con un oggetto ideale o di ristrutturazione di un Sé giovane, idealizzato. A un livello più profondo, l’unione con un bambino rappresenta il desiderio di incorporare il seno della madre e pertanto di compensare l’effettiva assenza di cure materne nella prima infanzia. Inoltre, i pedofili sono frequentemente stati vittime di abusi sessuali infantili. Dinamiche sadiche e un senso di trionfo e di potere può accompagnare la trasformazione di un trauma passivo in una vittimizzazione perpetrata attivamente.
Concludendo, anche il potere e l’aggressività sono preoccupazioni importanti nei pedofili la cui attività sessuale è limitata a relazioni incestuose con i propri figli o figliastri. Questi uomini spesso non si sentono amati dalle loro mogli, e sollecitano delle risposte di protezione da parte dei figli presentando se stessi come vittime. L’altra faccia del loro autopresentarsi come martiri è, tuttavia, un senso di controllo e di potere sul proprio partner sessuale. Questi padri incestuosi covano una straordinaria aggressività verso la donna, e pensano spesso al loro pene come a un’arma da utilizzare in atti di vendetta contro la donna.

Travestitismo
In questa comune parafilia, il paziente maschio si veste da donna per creare in sé un eccitamento sessuale che porta a un rapporto sessuale eterosessuale o alla masturbazione. Il paziente si comporta in maniera tradizionalmente maschile quando è vestito da uomo, ma diventa effeminato quando è vestito da donna. La classica comprensione psicoanalitica del travestirsi da donna comporta la nozione di madre fallica. Immaginando che la madre possieda un pene, anche se questo non è chiaramente visibile, il bambino maschio supera la sua angoscia di castrazione. L’atto di travestirsi da donna può pertanto essere un’identificazione con la madre fallica (Fenichel, 1945).
A livello più primitivo, il bambino piccolo può identificarsi con la madre per evitare l’ansia relativa alla separazione. La sua consapevolezza delle differenze sessuali tra lui e la madre può attivare l’ansia di perderla perché essi sono persone separate.

Approcci terapeutici
I pazienti affetti da parafilie sono notoriamente difficili da trattare. La maggior parte dei parafiliaci sono poco interessati a rinunciare alle proprie perversioni, vissute come spesso come egosintoniche e fonte di piacere. La maggior parte dei pazienti va in terapia a seguito di pressioni esercitate da altri (es. crisi coniugale, causa giudiziaria etc etc) e possono cercare di dare un’immagine di sé distorta per ottenere dei vantaggi secondari. A volte i pazienti parafiliaci presentano, anche un disturbo di personalità (es. antisociale, borderline, narcisista) e necessitano di trattamenti terapeutici integrati accuratamente personalizzati.

Psicoterapia individuale
La psicoterapia individuale espressivo-supportiva con enfasi espressiva è spesso il metodo preferito di trattamento, ma le aspettative di un terapeuta devono però essere modeste. Anche se diversi pazienti potranno migliorare in termini di relazionalità oggettuale e funzionamento dell’Io, le tendenze perverse sono meno facilmente modificabili. In genere, gli individui con organizzazione del carattere di più alto livello hanno un esito migliore di quelli con organizzazione borderline. Inoltre, la prognosi è più favorevole, allorché i pazienti posseggano una mentalità psicologica, abbiano un qualche grado di motivazione, provino un certo disagio per i loro sintomi e siano curiosi riguardo alle origini di tali sintomi. Tipicamente, il trattamento dei pazienti parafiliaci presenta alcuni problemi. Nello specifico: il diniego del disturbo, ovvero i pazienti raramente desiderano focalizzarsi sulla perversione, il terapeuta deve integrare il comportamento parafiliaco con il settore centrale del funzionamento della personalità del paziente per permettergli di affrontarlo; l’importanza da parte del terapeuta di non assumere un atteggiamento punitivo verso il paziente: il comportamento perverso facilmente evoca nei terapeuti delle risposte di forte disapprovazione che ostacolano l’alleanza terapeutica e lo svolgimento del trattamento. Compiti prioritari del terapeuta per il trattamento delle parafilie sono: cercare insieme al paziente i significati inconsci del sintomo e la sua funzione all’interno della personalità dell’individuo e spiegare le connessioni del sintomo con gli altri stati emotivi e gli eventi della vita che possono accrescere il bisogno del sintomo. Concludendo, nessuna terapia presa singolarmente è efficace per tutte le parafilie, sono assolutamente necessari approcci individualizzati, nel corso dei quali il paziente deve arrivare ad accettare completamente la responsabilità delle proprie azioni e dei danni causati conseguentemente ai comportamenti patologici.

Terapia coniugale
La terapia della coppia può essere cruciale per il successo del trattamento delle parafilie. Aiuta a delineare come l’attività perversa rifletta difficoltà sessuali ed emotive nella diade coniugale. Può anche alleviare nella moglie gli infondati sentimenti di colpa e responsabilità circa i comportamenti del coniuge e farla sentire partecipe alla risoluzione del comportamento del marito. L’esplorazione del disaccordo coniugale può anche rivelare che la parafilia è un contenitore o un capro espiatorio che sposta l’attenzione da uno o più aree problematiche del matrimonio.

Terapia della famiglia
La terapia della famiglia è soprattutto indicata nei casi di pedofilia che si verificano nel contesto di un incesto. Il terapeuta che si accosta a questo tipo di patologia familiare cercando di punire i colpevoli incontrerà una resistenza massiccia: i membri della famiglia “faranno quadrato” per escludere l’azione del terapeuta come fosse un aggressore esterno che va ad alterare precari equilibri omeostatici esistenti nel nucleo familiare. Il terapeuta, deve invece, riconoscere e rispettare la fedeltà e la protezione della vittima nei confronti del padre incestuoso. È importante che il terapeuta focalizzi l’attenzione sul desiderio del padre di relazionalità e vicinanza emotiva, piuttosto che sulla sessualità o perversione sul minore. E infine, il terapeuta deve prendere in esame con empatia l’impoverimento delle risorse emotive della madre, che pure collude inconsciamente al perpetuarsi della dinamica familiare incestuosa.

Trattamento ospedaliero
Il trattamento ospedaliero è indicato soprattutto per i pedofili, ma anche per gli esibizionisti, incapaci di controllare il proprio comportamento se trattati in modo ambulatoriale. Tuttavia, molti pazienti e specie i pedofili, per evitare di doversi confrontare in merito alla propria perversione con gli altri durante le riunioni di gruppo possono: ammaliare gli altri pazienti per bloccare le risposte di feedback che vengono invece date agli altri pazienti; mentire sul proprio comportamento e, infine, fingere di seguire effettivamente il trattamento.

Psicoterapia di gruppo
La psicoterapia di gruppo è indicata soprattutto per i pazienti affetti da voyeurismo ed esibizionismo. L’esperienza del gruppo fornisce un misto di sostegno e di confronto con altri aggressori che hanno intima familiarità con il problema del paziente.

Farmacoterapia
I farmaci antiandrogeni, come il ciproterone acetato (CPA) e il medrossiprogesterone acetato (MPA, Depo-Provera), rappresentano comuni strumenti terapeutici. Ma il loro utilizzo è comunque limitato a causa di effetti collaterali sulla salute del paziente. Infine, è notevolissimo il problema della bassa compliance dei prodotti e il fatto che non risolvano la deviazione in sé. Se il farmaco viene interrotto, infatti, il comportamento deviante riappare.

Bibliografia

– Quick Reference to the Diagnostic Criteria from DSM-IV by American Psychiatric Association, Washington D.C., 1994-1995.
– Gabbard Glen O. (2000), Psychodynamic Psychiatry in Clinical Practice, American Psychiatry Press, Inc.(trad. it. Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002).
– Simonelli C. (1996), Diagnosi e trattamento delle disfunzioni sessuali, Franco Angeli, Milano.

Secondo Freud tutto l’insieme dei problemi affettivi della seconda infanzia (3-6 anni), la conseguenza di una precisa spinta istintuale: in questo periodo, infatti, la sessualità infantile raggiunge un livello di sviluppo definito come “fase fallica”. La libido del bambino si concentra, cioè, in corrispondenza della zona genitale, che assume il carattere di zona erogena, così come precedentemente era avvenuto per la “zona anale” ed ancor prima per quella “orale”. Nonostante la sua localizzazione nell’organo genitale, la libido del periodo fallico, ovviamente, non consente ancora l’espletamento della sessualità matura. Non mancano, però manifestazioni che indicano l’attivazione della zona in senso erotico. E’ in questa età, infatti, che compaiono le prime manifestazioni di masturbazione, di esibizione degli organi sessuali, di vivaci curiosità relative alle differenze anatomiche fra i due sessi, ecc. In questo contesto, proprio la scoperta di tali differenze, contribuisce ad attivare nel bambino delle paure inconsce di perdere o di vedere danneggiato il proprio organo sessuale. E queste paure giocano un ruolo molto importante nella complessa dinamica dei rapporti fra il bambino e i suoi genitori. Il maschietto teme di essere punito per la sua rivalità verso il padre, proprio attraverso la privazione di quell’organo genitale del quale va tanto fiero e di cui la bimba è priva, forse per effetto di una punizione inflittale. Questo timore lo porta, così a modificare il proprio atteggiamento. Trasformando la sua aggressività verso il padre in imitazione e in identificazione, il bambino abbandona quella posizione così pericolosa di aperta rivalità. La femminuccia, d’altra parte, vive anch’essa la stessa “ansia di castrazione”: fantasticando di poter essere invasa, distrutta e dilaniata nell’interno del suo corpo, a motivo della lotta accesasi con la madre per ottenere il possesso esclusivo, affettivo ed erotico del padre. Lentamente, anche in questo caso, lo scontro si tramuta in identificazione: decidere di assomigliare alla madre perchè è in questo modo che si può piacere al padre.
Tutta questa complessa vicissitudine è stata teorizzata e descritta dalla psicoanalisi, inizialmente da S. Freud e successivamente da M. Klein, la quale ha addirittura osservato che queste difficoltà nella relazione a tre, questo desiderio di possesso esclusivo nei confronti di uno dei genitori con l’eliminazione dell’altro, inizia già nel primo anno di vita, quando il neonato stabilisce un rapporto distinto con entrambi, madre e padre.
Ora, come noto, Freud ha creduto di poter ritrovare il simbolo di questa situazione affettiva nella leggenda di Edipo, il re tebano che il destino conduce ad uccidere il proprio padre Laio e a sposare – sempre inconsapevolmente – la propria madre Giocasta.
Questo mito rappresenterebbe, sostiene Freud in “Totem e tabù”, il residuo simbolico delle tremende passioni dell’uomo della preistoria, il quale, privo di freni inibitori, non temette, probabilmente, di uccidere il proprio padre, capo della tribù, per conquistarne le donne. Col passare dei millenni, nulla di tutto ciò si ripete; rimane, però, nell’animo umano, presente ed operante, il problema affettivo del rapporto dei figli con i genitori, dei giovani con gli adulti. E’ ovvio che riconoscere l’esistenza e l’importanza di queste problematiche edipiche non significa vedere in ogni bimbo un incestuoso, un parricida, ma semplicemente considerare certi aspetti del comportamento infantile e anche adulto, alla luce della specifica rete affettiva ed emozionale che si instaura all’interno della situazione edipica. Il mancato superamento di questa “condizione” produce notevoli conseguenze nella successione dell’evoluzione psicologica e sessuale. Anzi, come possiamo ben osservare durante il lavoro psicoterapeutico con i nostri pazienti, questo problema costituisce il nucleo conflittuale più forte della nevrosi e determina tutta una serie di sintomi e di atteggiamenti compensatori, che possono rendere davvero difficile la vita di un individuo e di coloro che gli stanno accanto. All’origine dei disturbi della personalità, è innegabile che ci possono anche essere delle circostanze traumatizzanti momentanee che possono determinare una situazione edipica complessa, ma al contrario di quanto comunemente si crede, ciò è molto raro. Risultano, invece, molto più gravi le influenze continue ed inadeguate di un ambiente familiare perturbante. Un buon equilibrio sessuale di una coppia genitoriale, infatti, è la garanzia più sicura di un superamento dell’Edipo nel bambino. Dove l’uomo e la donna non hanno correttamente affrontato e risolto il loro Edipo, vi è incapacità a realizzare una buona armonia sessuale: le pesanti conseguenze si riversano sulla coppia stessa e, quel che ancora più tragico, sui loro figli.
Nel primo caso si hanno tutte le possibili manifestazioni di problematiche sessuali, dai disturbi del desiderio a quelli del piacere, fino alle vere e proprie deviazioni della sessualità.
Nel secondo caso, le pulsioni inappagate della coppia si riverseranno sui loro figli. I sentimenti edipici, in effetti, sono reciproci. Se il figlio è legato alla madre, questa è altrettanto legata al figlio e così dicasi per la figlia con il padre. Nel caso di un mancato superamento dell’Edipo nei genitori, questo sentimento si tramuta in attaccamento “forte”, secondo cui il figlio amato è visto come un bene di cui si vuole godere esclusivamente, paralizzando sin dall’inizio tutti i tentativi che questo fa per conquistare la sua autonomia e di instaurare altre relazioni con persone estranee alla famiglia, in particolare al momento dell’evoluzione adolescenziale.
Casi del genere emergono dalla clinica psicoterapeutica più frequentemente di quel che non si immagini: già dalla prima infanzia, i figli sono vittime di carenze affettive, di strumentalizzazioni, di iper-gratificazioni o di seduzioni. Alla tutto sommato più rara violenza fisica e sessuale, si deve spesso aggiungere quella del non riconoscere, del non accettare, del non rispettare i propri figli. A monte di tutto questo ci sono, come si diceva, grosse problematiche edipiche irrisolte. Esempi concreti ricavabili dalla pratica psicoanalitica possono chiarire meglio quanto sto dicendo.
Una coppia sessualmente frustrata nel proprio rapporto matrimoniale, può sentirsi spinta verso i propri bambini al fine di ottenere quel tipo di soddisfazione affettiva che dovrebbe scaturire dal rapporto coniugale. In questo senso, un padre con desideri sessuali immaturi e non ben integrati, può mostrarsi eccessivamente seduttivo con la propria bambina. Questa incoraggiata da tali aspetti infantili della personalità paterna vivrà nella fantasia, quando addirittura non subirà nella realtà, questo rapporto segreto e colpevole che implica l’esclusione della madre ed il trionfo su di lei. Ciò potrà portarla a sentirsi, da un punto di vista psicologico, unica responsabile dell’esclusione della madre. Tutto ciò può renderle difficile, con il sopraggiungere dell’adolescenza e dell’età adulta, l’allontanarsi dalla famiglia, perchè le sembrerà che la madre abbia bisogno di lei. Inoltre, quel legame segreto avuto o fantasticato, grazie agli atteggiamenti del padre, e sentito come colpevole, potrà crearle serie difficoltà nella realizzazione di una vita sessuale matura con un altro uomo.
Allo stesso modo, difficoltà di vario genere possono sorgere quando vi è un’intesa di questo tipo tra il bambino e la madre e quando il padre viene estromesso come una figura insignificante o come un bruto insensibile. Anche qui ciò può accadere quando la madre non soddisfatta della sua relazione sessuale, ha paura di questo tipo di rapporto con un uomo e cerca di raggiungere una specie di soddisfazione sessuale più infantile (quindi meno angosciante) con il figlio, che viene considerato come propria creazione e quindi fonte di soddisfazione narcisistica.
Ma, si badi bene: tale intimità genitori – figli, anche quando non chiaramente esplicitata, è quasi sempre impregnata di seduzione erotica. Vi sono infatti molti modi sottili attraverso cui un genitore può eccitare sessualmente il figlio: il tono di voce, il modo di curarsi esteticamente quando lo incontra, il trattenerlo con premure eccessive, il difenderlo dall’altro genitore, il non difendere quest’ultimo dall’arroganza del figlio/a, nel fare con lui/lei il sonnellino pomeridiano, nel fare il bagno o la doccia insieme, nel girare più o meno nudi per casa, nell’asciugare con troppa cura i genitali del figlio/a, ecc. ecc.
E’ così rileva Dacquino che:
difficoltà affettive da parte di uomini verso le figure femminili o di donne verso quelle maschili mascherano un complesso di Edipo non superato. Il vivere da adulti una situazione amorosa virulenta genera in loro quei sensi di colpa che traggono origine dal rapporto esagerato, morboso e frustrante avuto con la prima donna o con il primo uomo della vita, cioè la madre o il padre. Tali soggetti amano i genitori di sesso opposto fino al punto da non poterli “tradire”.
Ora, è solo dopo un lungo e paziente lavoro terapeutico fra analista e analizzando che si possono individuare e quindi risolvere i problemi che da tali rapporti nascono. Ciò può accadere grazie al fatto che il terapeuta, attraverso lo strumento del transfert, prende “il posto del padre e della madre naturali”, e permette, in tal modo, I’evidenziarsi ed il rivivere consapevolmente il particolare tipo di legame instauratosi fra il paziente e le proprie figure genitoriali. Proprio in virtù di tale caratteristica, il rapporto terapeutico stesso inteso come “riedizione” della relazione figlio – genitore e, proprio ancora in ragione di ciò, quello che emerge dal processo psicoanalitico può essere inteso, secondo le indicazioni di Freud, come una nuova crescita, una seconda educazione, una ri-nascita.

Aspetto dell'elemento

Metallo reattivo, lo Zinco è un minerale essenziale per il benessere ed il mantenimento della salute psico-fisiologica dell’individuo poiché possiede numerose proprietà funzionali tra le quali spicca quella antiossidante. E’ presente in tutte le cellule ed è necessario in piccole quantità; tale sostanza appartiene infatti al sottogruppo dei Sali Minerali chiamati “Microelementi”.

Configurazione elettronica

Lo Zinco risulta indispensabile sulla base delle sue virtù anti invecchiamento e protettive nei confronti di possibili danni ossidativi e anche del fatto che rappresenta un elemento costitutivo di moltissimi enzimi preposti a molteplici dinamiche metaboliche.

Lo Zinco si dimostra allora capace, attraverso le sue caratteristiche antiossidanti, di proteggere la cellula dagli attacchi dei Radicali liberi, ovvero delle sostanze di scarto derivanti da processi organici interni o da reazioni metaboliche dovute a sostanze arrivate dall’esterno, come ad esempio fumi di combustione di tabacco o di smog, molecole lipidiche, sostanze alcoliche, etc.

Come detto lo Zinco va inoltre a formare ed attivare molteplici sostanze enzimatiche, rendendosi così indispensabile, come coenzima, per lo sviluppo psico-fisico, per il buon funzionamento dei vari apparati organici (compreso il sistema immunitario), per la sintesi e la differenziazione cellulare, per la metabolizzazione di vari principi nutritivi (come ad esempio Carboidrati e Fosforo) e per l’assorbimento di alcuni di essi (ad esempio le Vitamine), così come per la formazione di altri ancora (ad esempio le Proteine) ed infine per la produzione di energia.

Lo Zinco è cruciale anche per la sintesi del DNA e per la costruzione di nuovo tessuto fisiologico, confermando in tal modo la sua necessaria presenza per un corretto sviluppo ed una adeguata crescita del neonato.

Lo Zinco è fondamentale altresì per certe funzioni e meccanismi neuropsichici, ormonali, fisici e di senso (ad esempio per la vista ed il gusto). Esso regola infatti il corretto funzionamento di vari Ormoni, come ad esempio quelli sessuali, l’Insulina e l’Ormone della crescita, media la contrattilità muscolare ed il funzionamento psico-cognitivo, ed infine mantiene in buona salute l’apparato olfattivo, gustativo e visivo, proteggendo quest’ultimo da patologie della vista come la degenerazione maculare o la cecità crepuscolare.

Ulteriori funzioni propositive dello Zinco sono quelle di favorire la guarigione di possibili ferite o scottature, agevolando e velocizzando i processi di cicatrizzazione delle medio-piccole lesioni sia interne (ad esempio ulcere), che esterne (ad esempio escoriazioni o tagli). Inoltre riesce a ridurre la secrezione sebacea, migliorando la situazione fisiologica di stati acneici e/o di dermatite seborroica.

 Lo Zinco è anche efficace nei casi di Diabete sulla base della sua azione regolatrice sull’Insulina a livello ematico, la quale prolunga l’effetto di tale fondamentale ormone nel sangue. Inoltre tale Sale minerale insieme a Iodio e Selenio influenza la funzionalità della Tiroide.

Per quanto detto una carenza di Zinco può determinare maggior spossatezza psico-fisica, per la ridotta produzione di energia e sintesi di Proteine, difficoltà cognitive, dolori articolari e muscolari, problemi dermici e minor reattività di guarigione in caso di lesioni cutanee e/o infezioni, visto anche il rallentamento della formazione di collagene.

La scarsità prolungata di Zinco può inoltre comportare la comparsa di smagliature sulla pelle e di macchie sulle unghie, così come la crescita di capelli più fragili e decolorati e la loro maggiore caduta. Si può inoltre osservare un generale e pericoloso invecchiamento precoce dell’apparato dermico e dei suoi annessi con l’aggravarsi ed il cronicizzarsi dei suddetti problemi fisiologici.

Una situazione di carenza del livello di Zinco può comportare anche manifestazioni psico-fisiche di eccessiva stanchezza, con un rallentamento delle capacità e sensibilità psico-cognitive e sensoriali e un’alterazione dell’appetito e del sonno.

Nei casi più gravi la mancanza di Zinco può favorire o portare anche ritardo dello sviluppo sessuale e della crescita, ciclo mestruale irregolare, diminuzione del desiderio sessuale, impotenza maschile, problemi e disturbi psicologici (ora si capiscono tante cose!!!)

La presenza di Zinco può essere garantita attraverso l’alimentazione; in tal modo la sua introduzione e disponibilità, come quella degli altri principi nutritivi, passa attraverso una dieta variegata ed equilibrata (come ad esempio quella Mediterranea).

Allo stesso modo una carenza eccessiva di Zinco solitamente è determinata da una alimentazione irregolare, con l’ingestione di quantità eccesive di certi cibi e l’assenza di altri dal menù quotidiano (ad esempio una dieta con pochissima presenza di carne).

Anche l’abuso di alcol può portare alla scarsità di tale Sale minerale, poiché le molecole alcoliche lo spingono fuori dal fegato; ulteriori situazioni che possono interferire con le giuste quantità organiche di Zinco sono l’eccessiva sudorazione, l’utilizzo di antibiotici, corticosteroidi e/o diuretici, l’introduzione di grosse quantità di Calcio (che è suo antagonista a livello dei recettori di assorbimento), ma anche situazioni di forte stress psicologico e/o fisico.

Lo Zinco viene assorbito organicamente a livello dell’intestino tenue ed eventualmente le quantità che non servono vengono rilasciate sempre per via intestinale (e in minima parte per via urinaria o attraverso la normale traspirazione dermica).

Tale Microelemento si ritrova in particolare nel fegato, nei muscoli, nelle ossa, nei denti, nella pelle, nei capelli nei globuli rossi e bianchi, mentre i cibi che ne contengono maggiori quantità sono: carne rossa, cereali, cioccolato e cacao, crostacei, fegato, formaggi, frutta secca, germe di grano, latte, legumi, lievito di birra, pesce, semi di zucca, uova. (Frutta e verdura invece contrastano l’assorbimento di Zinco a livello intestinale a causa dei loro cospicui contenuti di fitati e fibre).

Il fabbisogno quotidiano di Zinco per una persona adulta è di circa 10-12 milligrammi (leggermente inferiore per la donna), mentre durante la crescita tali dosi dovrebbero essere più basse e salire poi progressivamente da 5 a 10-12 mg. Durante gravidanza ed allattamento l’assunzione di Zinco dovrebbe infine essere incrementato, per integrare l’aumento di necessità nutrizionali tipici di tali periodi.

 

Questo minerale è ubiquitario nell’organismo. È essenziale per alcune fondamentali funzioni come la digestione, la riproduzione e la crescita; lo zinco è legato alla funzionalità di molti apparati dell’organismo. L’elenco dei suoi benefici è esteso e a volte ambizioso…

L’integrazione di zinco può essere utile nel trattamento di problemi della pelle, come ad esempio le piaghe sugli arti, ma solo per chi ha dei bassi livelli di zinco. Le creme allo zinco applicate direttamente su una ferita sono più efficaci di un’integrazione alimentare nel ridurre l’infezione e nello stimolare la guarigione e oggi si ritrova comunemente lo zinco nelle creme per l’acne e negli shampoo per problemi al cuoio capelluto per stimolare la guarigione.

Lo zinco fa parte di oltre 200 complessi enzimatici ed è necessario per il corretto funzionamento di molti ormoni, inclusa l’insulina, l’ormone della crescita e gli ormoni sessuali. L’organismo ne contiene da 1,4 a 2,5 g, immagazzinati per lo più nei muscoli, nei globuli rossi e in quelli bianchi.

CARENZA: gravi carenze di zinco sono poco frequenti e sono caratterizzate da alterazioni cutanee, diarrea, perdita dei capelli, disturbi mentali e infezioni ricorrenti a causa dell’indebolimento delle funzioni immunitarie. Una carenza di zinco può inoltre predisporre ad una carenza di vitamina A.

Principali funzioni dello zinco

Lo zinco è un componente fondamentale di molti enzimi implicati nel metabolismo energetico. Ha proprietà antiossidanti, favorisce il normale funzionamento della prostata e partecipa alla crescita e al differenziamento cellulare; stimola inoltre la rigenerazione dei tessuti. Per questo motivo è molto importante includere nella propria dieta alimenti ricchi di zinco.

“Solitudine e bisogno esistenziale di unione nell’ Arte di amare di Erich Fromm,“ in: P. L. Eletti (Ed.), Incontro con Erich Fromm. Atti del Simposio Internazionale su Erich Fromm: „Dalla necrofilia alla
biofilia: linee per una psicoanalisi umanistica“ Firenze 1986, Firenze (Edizioni Medicea) 1988, pp. 287-292.”

Di Eda Ciampini Gazzarrini

Il tema esplicito del libro di Fromm, l’Arte di Amare“, è l’interrogativo sulla possibilità di amare nella civiltà contemporanea, incentrata sul profitto e sullo scambio di mercato. Tuttavia argomenti centrali dell’opera appaiono la solitudine umana e quell’insopprimibile anelito di unione“ che troverà acquietamento nell’amore.
È il bisogno di unione“, di un incontro risolutore tra gli uomini quello che Fromm percepisce nella società americana e in quelle a sviluppo tecnologico, dietro l’apparente stato di benessere. Sarà questo stesso bisogno, preannunciante di per sé la possibilità di amare, a generare nell’uomo insoddisfazione per le pseudosoluzioni adottate.
Ci ha colpito di questo libro la presenza di nostalgia di un bene perduto“, dietro il quale è il mistero, di cui Fromm, insieme a noi, cerca il nome. Fromm chiama questa nostalgia desiderio di ritorno al Paradiso Terrestre“ dove l’uomo può vivere senza consapevolezza di sé, dove non si sono ancora sviluppate le dicotomie esistenziali.
Paradiso come condizione perduta di armonia, con la natura e con se stesso.
Ma è stato fatto divieto ad Adamo ed Eva di rimanere, dopo che si sono cibati del frutto dell’albero del bene e del male. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Con la nuova dimensione della consapevolezza Adamo ed Eva si mettono fuori dal regno dell’indistinto, dell’istinto, della natura e si sentono soli e colpevoli.
I cherubini con la spada di fuoco sono a testimoniare la colpa commessa e l’impossibilità di  un ritorno.
Con questo dramma, dirà Fromm, inizia, per la razza umana, il destino di uomo.
Parimenti, con la separazione dalla madre iniziano per il bambino il destino di individuo e la ricerca di un nuovo incontro.
Anche il bambino alla nascita viene sbalzato da una situazione chiara come l’istinto in una incerta, ma il senso di solitudine del neonato è annullato dalla presenza fisica della madre dal suo contatto, dall’odore della sua pelle. Fromm dirà che più il bambino, nella crescita, si libera dai vincoli primitivi, più intenso resta in lui il bisogno di nuove vie“ per ripristinare l’unione”.
L’autore batte l’accento sull’isolamento e sul vuoto che il bambino prova quando si rende conto della separazione dalla madre.
Il senso di solitudine è, per Fromm, l’origine di ogni ansia che, se intollerabile, porta a cancellare il senso di separazione e con esso il mondo esterno. L’individuo si chiude in un isolamento che è follia. Per il nostro autore l’umanità, di qualsiasi civiltà, si è trovata di fronte alla soluzione dell’eterno problema di come superare la solitudine e raggiungere l’unione“. Questo è l’interrogativo che si è posto l’uomo delle caverne così come l’uomo di oggi.
È un problema, continuerà a dire Fromm, che nasce dalla condizione dell’esistenza umana, di fronte al quale la storia delle religioni e della filosofia sono tentativi di soluzione.
È convinzione di Fromm che anche la società capitalistica risponda a suo modo, a salvaguardia dei privilegi, al bisogno dell’uomo di superare la solitudine, ammannendo il „conformismo“, la “routine di lavoro e del piacere” e”idoli” privi di qualità umane.
E l’uomo è solo più di sempre.
Fromm ci avverte che la maggior parte della gente non si rende conto di cosa nasconda il conformismo: „Come potrebbe un uomo prigioniero della
ragnatela della routine ricordarsi che è un uomo, un individuo ben distinto, uno al quale è concessa una unica occasione di vivere, con speranze e delusioni e dolori e timori, col desiderio di amare e il terrore della solitudine e del nulla?“
Fromm tocca uno dei più scottanti temi attuali e denuncia che i movimenti socio-politici e le vertiginose scoperte tecnologiche sono sempre più al servizio di una società retta da una costrittiva
economia competitiva.
È esplicito in Fromm che per l’uomo di oggi il problema della solitudine e di una ricerca di „integrazione“ senza perdita della propria individualità sia altrettanto importante quanto lo studio della sessualità ai tempi di Freud. La stessa spinta sessuale, per Fromm, è causata solo parzialmente dal bisogno di sopprimere una tensione mentre la necessità principale è data dall’istanza di „unione“ con l’altro polo sessuale.
Nel processo della separazione che fa parte della crescita, che è anche euforia e gioia, Fromm richiama la nostra attenzione sullo stato di sofferenza che ne consegue e sulla paura del vuoto, dell’isolamento. L’uomo Fromm sembra molto preso da questa condizione umana di „separazione“ che non avviene una volta per tutte ma che si ripete, con rinnovato senso di perdita ad ogni cambiamento, sempre dolorosa.
Così si ritrova in lui, non acquietata, la nostalgia. di una felice unione perduta.
Fromm, sociologo, è preoccupato per le condizioni della società attuale, per il futuro dell’uomo che rischia la distruzione, anche perché la società conia strategie di mascheramento del disagio e l’uomo rimane „consapevolmente inconsapevole“.
Con questa ultima affermazione dell’ambiguità dell’individuo, Frómm pare minare la speranza di una risoluzione nella quale egli tuttavia crede.
Dei messaggi di Fromm, sembra essersi fatto araldo in questi ultimissimi tempi, il linguaggio dell’artista. I temi di Fromm hanno trovato espressione
e particolare incisività attraverso la macchina da presa e le immagini che rendono più accessibili i significati. Michel del film del regista Ferreri „I love you“ ripropone il problema esistenziale di una propria individuazione e il
fallimento di un ritiro dalle relazioni umane verso un oggetto meccanico che sostituisce l’incontro con l’altro.
Michel è l’uomo che Fromm in una opera più tarda chiamerà uomo monocerebrale preso dal meccanismo tecnologico a tale punto da stabilire fra lui e la macchina una specie di rapporto
simbiotico. Fromm troverà una sorprendente analogia fra questo tipo di uomo monocerebrale e gli schizofrenici.
Sempre attraverso lo strumento della macchina da presa ci arriva un altro messaggio. È la volta di Kaos dei registi Taviani. Kaos è il mondo prima dell’atto della creazione, nel quale tutte le forme erano indefinite. Il film si presta a significare un ritorno regressivo alla Grande Madre, la nostalgia di un „eterno presente“. Il protagonista, a maturità avanzata, torna nei luoghi dell’infanzia e ricorda la madre: „Ora che sei morta e non mi pensi più, io
non sono vivo per te“. Possiamo cogliere in altri aspetti della cultura il segno del disagio ed anche modalità di copertura, strategie, che negano „il
vuoto“. Stiamo pensando al „trompe d’oeil“ (inganno dell’occhio) in architettura, a quel movimento che cerca di coprire con pitture di modelli architettonici del passato Rinascimento le pareti di vetro e cemento dell’edilizia moderna.

Aggiungiamo queste immagini ingannevoli, tratte dai nostri giorni, a quelle che Fromm mette a nudo nel suo libro sia relative alla vita dell’individuo che della società. Sembra non possano esserci altre soluzioni che follia, regressione, inganno e che la società debba andare verso la distruzione totale. Fromm indica la possibilità di superare la solitudine e di sfuggire il vuoto, nella capacità di amare dell’uomo e in una organizzazione sociale improntata dall’amore.
Scrive dell’amore come di un sentimento attivo, la cui caratteristica si sintetizza nel concetto del „dare“. “Dare”come la più alta forma di potenza per cui l’uomo prova la sua forza, la sua ricchezza, il suo potere. Il „principio“ dell’amore per Fromm è incompatibile con il „principio“ che anima la società capitalistica, basata sul profitto. Tuttavia egli ammette che il capitalismo, nella sua reale estrinsecazione, è complesso e in continua evoluzione, da dare adito ad una certa dose di anticonformismo e di giudizio critico.
Questa dialettica di Fromm ci porterebbe ad affrontare il problema della polarità e della integrazione nel suo pensiero.
La polarità sembra corrispondere più al Fromm sociologo per il compito che si è assegnato di togliere l’uomo dalla confusione, dalla ignoranza consapevole, con visioni chiare di vita. Anche quando illustra la crescita
dell’individuo differenzierà nettamente l’amore, definendone le caratteristiche di premura, responsabilità, rispetto e conoscenza, degli stati di simbiosi, di narcisismo, di dipendenza. Egli sembra lasciare tra la condizione matura dell’amore e gli stati affettivi più elementari come un vuoto che disorienta.
Sara, una adolescente seguita in psicoterapia, al culmine della sua ambivalenza, esposta alla disperazione depressiva per l’oggetto buono sentito come perduto, chiede: „Nella dipendenza c’è amore?“ .
Cerchiamo con Sara, presi dalla conflittualità dei nostri sentimenti, una rassicurazione da Fromm.
E Fromm terapeuta abbandona la polarità e tocca il tema della sofferenza mentale con la sua affermazione carica di empatia:„Mentre si è coscientemente timorosi di non essere amati, il vero, sebbene inconscio timore è quello di riuscire ad amare“. Sara ci chiede di ricercare la presenza di amore là dove è fusione, narcisismo, dipendenza e colpa. Ci invita ad andare a ricercare più indietro le radici della capacità di amare.
E Fromm ci viene ancora incontro con il „principio dell’amore materno“ rappresentato dalla figura della madre, principio che è al di sopra delle prestazioni reali della mamma con il proprio bambino.
È un amore incondizionato che dice al figlio: „Non c’è peccato, né delitto che ti possa privare del mio amore, del desiderio che tu sia vivo e felice“.
L’amore incondizionato corrisponde ad uno dei più profondi aneliti di ogni essere umano, dirà Fromm.
Una nota studiosa dell’infanzia chiamerà questo anelito „Oggetto di bontà unica di cui il neonato sa inconsciamente“ ricorrendo in certo qual modo ad una eredità filogenetica.
Fromm è un uomo che ha fede nella capacità individuale di amore e la ritiene unica reale soluzione al problema della solitudine. Ha fede nella possibilità dell’amore come fenomeno sociale, e afferma che le forme maligne di aggressione e sadismo possono essere sostanzialmente ridotte se le condizioni socio-economiche si evolvono in modo da favorire lo sviluppo del potere creativo dell’uomo, come suo autentico obiettivo.

Bibliografia
S. Ferenczi, Thalassa, Roma, 1965, Astrolabio. Freud,
S., Tre saggi sulla sessualità, Milano, 1975, Boringhieri.
E. Fromm, L’Arte di Amare, Milano 1963 – „I Corvi“
dall’Oglio – Il Saggiatore
E. Fromm, Anatomia della distruttività umana, Milano,
1975, A. Mondadori.
E. Fromm, Avere o Essere?, Milano 1977, A. Mondadori.
M. Klein, Scritti,l92l-1958, Torino 1978, Boringhieri.

Per chi non lo conoscesse:

L’Arte di amare di Erich Fromm

“ Ogni essere umano avverte dentro di sé in modo istintivo e insopprimibile l’assoluta necessità dell’amore. Eppure, in molti casi, si ignora il vero significato di questo complesso e totalizzante aspetto della vita. Per lo più l’amore viene scambiato con il bisogno di essere amati. In questo modo un atto creativo dinamico e stimolante si trasforma in un tentativo egoistico di piacere. Ma il vero amore, sostiene Erich Fromm, è un sentimento molto più profondo che richiede sforzo e saggezza, umiltà e coraggio. E, soprattutto, è qualcosa che si può imparare. “

 

Il termine “Borderline” è nato nei primi del novecento (Huges, 1884; Rosse, 1890) per indicare alcuni pazienti la cui patologia non era classificabile né come nevrosi (i conflitti e i problemi quotidiani condivisi dalla maggior parte delle persone), né come psicosi (i disturbi mentali più gravi, come la schizofrenia), pur presentando sintomi comuni ad entrambe le condizioni.

Il termine Borderline, infatti, significa “limite” o “linea di confine”, e indica la principale caratteristica del disturbo: come una persona che cammina su una linea di confine tenderà a sconfinare in due differenti territori, così il paziente affetto da Disturbo di Personalità Borderline oscilla tra normalità e follia, senza vie di mezzo.

A partire da questa iniziale definizione, ormai in larga parte abbandonata, Zanarini e Gunderson nel 1990 basandosi soprattutto su criteri diagnostici descrittivi individuarono i seguenti tratti distintivi del disturbo borderline: tendenza a perdere il contatto con la realtà; automutilazioni (tagli, bruciature); tentativi di suicidio; paura di essere abbandonati; intenso bisogno e ricerca dell’altro alternato a comportamenti apparentemente  arroganti e sprezzanti.

I pazienti Borderline spesso alternano periodi di relativa normalità, in cui si mostrano sufficientemente equilibrati, a periodi in cui il funzionamento psichico appare fortemente compromesso, con violente crisi di rabbia, tentativi di suicidio, paranoia.

Il disturbo borderline di personalità è una entità diagnostica molto controversa. Talvolta non viene neanche riconosciuto come un disturbo specifico, ma come una classificazione in cui inserire tutti quei casi non meglio diagnosticabili in altro modo. In realtà il disturbo borderline presenta delle caratteristiche specifiche piuttosto ben riconoscibili.
E’ fondamentalmente un disturbo della relazione, che impedisce al soggetto di stabilire rapporti di amicizia, affetto o amore stabili nel tempo. Si tratta di persone che trascorrono delle vite in uno stato di estrema confusione ed i cui rapporti sono destinati a fallire o risultano emotivamente distruttivi per gli altri. Le persone affette da questo disturbo  trascinano altri, parenti e partner in un vortice di emotività,  dal quale spesso è difficile uscire, se non con l’aiuto di un esperto. Questi soggetti, infatti, sperimentano emozioni devastanti e le manifestano in modo eclatante, drammatizzano ed esagerano molti aspetti della loro vita o i loro sentimenti, proiettano le loro inadempienze sugli altri, sembrano vittime degli altri quando ne sono spesso i carnefici e si comportano in modo diverso nel giro di qualche minuto o ora.
Il disturbo borderline è stato spesso associato a eventi traumatici subiti nell’infanzia, quali abusi sessuali o fisici, ma non è detto che ciò sia sempre vero.
L’aspetto più evidente e preoccupante del disturbo borderline è che presenta sintomi potenzialmente dannosi per il soggetto (abbuffate, uso e abuso di sostanze, guida spericolata, sessualità promiscua, condotte antisociali, tentativi di suicidio, ecc.) e si associa a scoppi improvvisi di rabbia intensi.
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quarta edizione (APA, 1994) il disturbo borderline è caratterizzato da:

Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore ed una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:
1) sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono.
2) un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione.
3) alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili.
4) impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto come ad esempio spendere eccessivamente, promiscuità sessuale, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate, ecc.
5) ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante.
6) instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore (per es., episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni).
7) sentimenti cronici di vuoto.
8) rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici).
9) ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

I Disturbi del Comportamento Alimentare maggiormente diffusi e studiati sono l’Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa. Essi sono frequenti tra i pazienti Borderline (soprattutto tra le donne) probabilmente a causa della funzione assunta dal disturbo alimentare nella gestione delle emozioni: astenersi dal cibo, abbuffarsi, o vomitare sono strategie spesso utilizzate dal Borderline per distrarsi o contenere le emozioni dolorose. Caratteristica comune ad entrambi i disturbi è la presenza di una distorsione nella percezione del peso corporeo e della propria immagine; la variante più grave di quest’ultima caratteristica viene definita Disturbo di Dismorfismo Corporeo o “Dismorfofobia”, e comporta eccessiva preoccupazione per una caratteristica fisica, immaginata o esagerata (spesso seno, cosce, fianchi per le donne e torace, addome, genitali, capelli per gli uomini).

LA DIAGNOSI DEL DISTURBO DI PERSONALITA’ BORDERLINE

Il manuale dei disturbi mentali (DSM-IV, APA, 1994) definisce i tratti di personalità come “modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi”.

Questi tratti, normalmente flessibili e adattabili, in soggetti affetti da Disturbo di Personalità sono caratterizzati da rigidità e difficoltà di adattamento a contesti diversi.

Lo strumento diagnostico più affidabile per la valutazione dei tratti della personalità, e della loro possibile variante patologica, è indubbiamente l’intervista diagnostica SCID-II (Structured Clinical Interwiew For DSM-IV Axis II). Questa intervista semi-strutturata, che si basa direttamente sui criteri del DSM-IV, si sviluppa attraverso uno o più colloqui clinici approfonditi, con valutatore esperto (per una durata massima di 2 – 3 ore), atti a valutare l’eventuale presenza di un disturbo della personalità, o anche solo di alcuni tratti di personalità patologici. Questo procedimento diagnostico viene definito categoriale, comportando come prodotto finale l’inserimento, o il non inserimento, del paziente in una categoria diagnostica (ad es. il Disturbo Borderline).

Westen e Shedler hanno cercato di risolvere alcune criticità della SCID-II creando uno strumento denominato SWAP-200 (Shedler Westen Assessment Procedure). La diagnosi in questo caso avviene attraverso la compilazione 200 descrittori da parte del clinico (non è richiesta la presenza del paziente), che deve comunque possedere una conoscenza approfondita, sia dello strumento, sia del paziente in oggetto (dovrebbe aver sostenuto almeno 3-4 colloqui clinici). Il test offre un risultato sia categoriale, sia dimensionale, rispetto alle categorie diagnostiche standard del DSM-IV, e alle categorie identificate dagli autori come significative, solo parzialmente sovrapponibili alle precedenti; ciò si traduce nella possibilità di osservare anche minime sfumature patologiche, così come potenziali risorse cui fare appello.

Esistono anche dei protocolli diagnostici specifici per il Disturbo Borderline di Personalità, ma la loro specificità potrebbe determinare una perdita di materiale importante rispetto ad altri disturbi “limitrofi”, quindi vengono utilizzati maggiormente in contesti dui ricerca, piuttosto che clinici.

Più nel dettaglio, il Disturbo di Personalità Borderline è caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, instabilità dell’immagine di sé e degli affetti, e impulsività.

I pazienti con Disturbo Borderline spesso vivono nel timore dell’abbandono e compiono sforzi disperati per evitarlo: anche nel caso di separazioni di breve durata reagiscono con rabbia e disperazione.

Le relazioni con gli altri nel Disturbo Borderline sono instabili ed intense, caratterizzate da iniziale idealizzazione, che li induce a desiderare una vicinanza ed intimità totali e incondizionate anche con persone appena conosciute, ma che spesso si tramuta rapidamente in svalutazione di fronte alla sensazione che questi non si dedichino completamente a loro.

I soggetti Borderline attuano frequenti cambiamenti d’obiettivo, di valori, d’aspirazioni riguardanti carriera, identità sessuale, amicizie. Manifestano impulsività in differenti aree potenzialmente dannose per il sé: spese eccessive, sessualità, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate alimentari.

Frequenti sono anche i comportamenti autolesivi, come il procurarsi volontariamente tagli e bruciature, e i tentativi di suicidio, che giungono a compimento nell’8-10% dei casi. I soggetti con Disturbo Borderline sembrano trarre sollievo dalle emozioni violente generate dai comportamenti autolesivi poiché ristabiliscono la capacità di provare sensazioni e di percepirsi come vivi e reali (utilizzando il dolore fisico come un’automedicazione, come un modo per annullare i sintomi dissociativi di derealizzazione e depersonalizzazione), ma vengono anche considerate come una giusta punizione per la propria inadeguatezza.

L’umore è spesso incontrollabile e passa rapidamente da tristezza, ad ansia, a irritabilità, a manifestazioni di rabbia intensa e inappropriata, espressa con frasi sarcastiche, esplosioni verbali o vere e proprie aggressioni. Queste reazioni violente vengono scatenate in particolar modo dalla sensazione di essere abbandonati e vengono seguite da sentimenti di vergogna e di colpa.

Talvolta pazienti con Disturbo Borderline si dichiarano afflitti da sentimenti cronici di vuoto, noia, necessità di intraprendere una qualsiasi attività, ma che non riescono ad incanalare verso una precisa direzione.

Durante periodi di intenso stress possono comparire aspetti bizzari (percepirsi come se osservassero dall’esterno il proprio corpo o i propri processi mentali; sensazione che la realtà intorno a sé sia strana, artefatta).

I Disturbi della Personalità

Il Disturbo Antisociale è caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti altrui. Gli individui affetti da questo disturbo (tradizionalmente definiti “psicopatici” o “sociopatici”) sembrano incapaci di adeguarsi alle norme sociali e di vivere nella legalità. Sono spesso disonesti e manipolativi, non curanti di diritti, sentimenti o desideri delle persone che li circondano, che non esitano a truffare e manipolare, mentendo e assumendo false identità per ottenere profitto o piacere personale.

Il Disturbo Istrionico è caratterizzato da emotività eccessiva e ricerca d’attenzione. Questi individui tendono ad attrarre l’attenzione su di sé, affascinando inizialmente per l’entusiasmo, l’apertura e la seduttività, qualità che tendono a passare in secondo piano con il progredire della conoscenza e l’avanzare di richieste d’attenzione sempre più pressanti e adesive. Essi si dimostrano spesso sessualmente provocanti o seduttivi anche nei confronti di persone dalle quali non si sentono attratti e in contesti decisamente inappropriati, come il luogo di lavoro. L’emotività è mutevole e scarsamente prevedibile, caratterizzata da continui sbalzi che vanno dai toni più elevati e quasi maniacali, alla più cupa depressione.

Il Disturbo Narcisistico è caratterizzato da grandiosità, bisogno di ammirazione e marcata carenza di empatia. Questi soggetti sono caratterizzati da un senso grandioso di autostima che li porta a sopravvalutare le proprie capacità, apparendo spesso presuntuosi e vanesi, e che contemporaneamente li induce a svalutare i meriti altrui. L’illimitata autostima che li caratterizza rivela la sua inconsistenza nelle continue preoccupazioni riguardanti il giudizio altrui e nel continuo bisogno di ammirazione, che li induce ad attrarre il più possibile l’attenzione degli altri sul proprio comportamento.

Il Disturbo Borderline è caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, e da marcata impulsività.

La Personalità Borderline

I pazienti con tale disturbo di personalità sono al limite tra la nevrosi e la psicosi e sono caratterizzati da una straordinaria instabilità dell’affettività, dell’umore, del comportamento, delle relazioni con gli oggetti e dell’immagine del sé. Il disturbo è stato anche definito schizofrenia deambulatoria, personalità come-se (termine coniato da Helene Deutsch ), schizofrenia pseudonevrotica (descritta da Paul Hoch e Phillip Politan). Nell’ICD-10 è definito disturbo di personalità emotivamente instabile.
(Leggi anche la pagina del sito sui Disturbi della Personalità)

Caratteristiche cliniche: i pazienti appaiono quasi sempre in stato di crisi. Sono comuni rapide modificazioni dell’umore. I soggetti possono essere polemici in un momento e depressi subito dopo e lamentarsi di non avere sentimenti in un altro momento. Possono manifestare brevi episodi psicotici piuttosto che conclamate fratture psicotiche; i sintomi psicotici sono quasi sempre circoscritti, fugaci o dubbi. Il comportamento dei pazienti con disturbo borderline di personalità è assolutamente imprevedibile; di conseguenza, raramente essi realizzano in pieno le loro capacità. La natura tormentata della loro vita si riflette in ripetuti atti autodistruttivi. Possono procurarsi automutilazioni per sollecitare aiuto dagli altri, per esprimere rabbia o per cercare di attutire sentimenti soverchianti.

Poiché si sentono sia dipendenti sia ostili, i soggetti con disturbo borderline di personalità hanno relazioni interpersonali tumultuose. Possono essere dipendenti dalle persone cui sono legati ed esprimere un’enorme rabbia nei confronti dei loro amici quando vengono frustrati. Tuttavia, non riescono a tollerare la solitudine e preferiscono una frenetica ricerca di compagnia, indipendentemente da quanto possa essere insoddisfacente, al rimanere da soli. Per alleviare la solitudine, anche se solo per brevi periodi, accettano l’amicizia di persone estranee o hanno comportamenti promiscui. Spesso lamentano una cronica sensazione di vuoto e di noia e la mancanza di un senso coerente di identità (diffusione dell’identità); quando sono sottoposti a pressione, spesso si lamentano di quanto si sentono depressi per la maggior parte del tempo, malgrado il fermento degli altri affetti.

Funzionalmente, gli individui affetti dal disturbo borderline distorcono le loro relazioni classificando ogni persona in una categoria, completamente buono o completamente cattivo. Vedono gli altri come figure protettive, cui legarsi strettamente, oppure come persone odiose e sadiche, che li deprivano dei bisogni di sicurezza e minacciano di abbandonarli ogni volta che si sentono dipendenti. Come conseguenza di questa scissione, le persone buone vengono idealizzate e quelle cattive svalutate. Alcuni medici usano i concetti di panfobia, panansia, panambivalenza per delineare le caratteristiche dei pazienti con disturbo borderline di personalità.

Diagnosi differenziale:

la differenziazione dalla schizofrenia viene fatta sulla base del fatto che i pazienti borderline non hanno episodi psicotici prolungati, disturbi del pensiero o altri classici segni schizofrenici.

I soggetti con disturbo schizotipico di personalità (vedi) presentano evidenti peculiarità di pensiero, stranezze nell’ideazione e ricorrenti idee di riferimento.

I pazienti con disturbo paranoide di personalità sono caratterizzati da estrema sospettosità, quelli con disturbo istrionico (vedi) e antisociale di personalità sono difficili da distinguere da quelli con disturbo borderline di personalità.

In generale, l’individuo affetto da patologia borderline presenta croniche sensazioni di vuoto ed episodi psicotici di breve durata; agisce impulsivamente ed è straordinariamente esigente nelle relazioni strette; può automutilarsi e tentare il suicidio a scopo manipolativo.

La condizione è piuttosto stabile, poiché i pazienti cambiano poco nel tempo. Gli studi longitudinali non mostrano una progressione verso la schizofrenia, ma i pazienti hanno un’elevata incidenza di episodi di disturbo depressivo maggiore. La diagnosi viene di solito fatta prima dell’età di 40 anni, quando i soggetti stanno tentando di fare scelte lavorative, coniugali e di altro tipo e non sono in grado di affrontare i normali stadi del ciclo della vita.

Psicoterapia.

La psicoterapia della personalità borderline è oggetto di estesi studi e viene considerata il trattamento di scelta. Recentemente, per migliorare i risultati, al regime terapeutico è stata aggiunta la farmacoterapia.

La psicoterapia è difficile per i pazienti, ma anche per il terapista. Nei soggetti borderline si verifica facilmente una regressione; costoro mettono in atto i loro impulsi e dimostrano transfert positivi o negativi labili, che sono difficili da analizzare. L’identificazione proiettiva può anche causare problemi di controtransfert, se il terapista non è consapevole del fatto che il paziente sta tentando inconsciamente di costringerlo a manifestare un certo tipo di trattamento. Il meccanismo di difesa della scissione fa si che l’individuo alternativamente odi e ami il terapista e le altre persone del suo ambiente. Un approccio orientato alla realtà è più efficace di un’interpretazione in profondità dell’inconscio.

DISTURBI DI PERSONALITA’

I disturbi di personalità non sono caratterizzati da specifici sintomi o sindromi, come ad esempio il disturbo ossessivo-compulsivo, la depressione o gli attacchi di panico, ma dalla presenza esasperata e rigida di alcune caratteristiche di personalità.
La personalità (o carattere) è stata definita in molti modi, ma si può dire che sia l’insieme delle caratteristiche, o tratti stabili, che rappresentano il modo con il quale ciascuno di noi risponde, interagisce, percepisce e pensa a ciò che gli accade.
Si può anche dire che la personalità sia il modo stabile che ciascuno di noi si è costruito, con le proprie esperienze ed a partire dal proprio temperamento innato, di rapportarsi con gli altri e con il mondo.
I tratti che la compongono rappresentano le caratteristiche del proprio stile di rapporto con gli altri: così esiste per esempio il tratto della dipendenza dagli altri, o della sospettosità, o della seduzione, oppure quello dell’amor proprio.
Normalmente questi tratti devono essere abbastanza flessibili a seconda delle circostanze: così in alcuni momenti sarà utile essere più dipendenti o passivi del solito, mentre in altri sarà più funzionale essere seducenti.
I disturbi della personalità sono caratterizzati dalla rigidità e dalla presentazione inflessibile di tali tratti, anche nelle situazioni meno opportune. Ad esempio, alcune persone tendono sempre a presentarsi in modo seducente indipendentemente dalla situazione nella quale si trovano, rendendo così difficile gestire la situazione; altre persone, invece, tendono ad essere sempre talmente dipendenti dagli altri che non riescono a prendere autonomamente proprie decisioni.
Solitamente tali tratti diventano così consueti e stabili che le persone stesse non si rendono conto di mettere in atto comportamenti rigidi e inadeguati, da cui derivano le reazioni negative degli altri nei loro confronti, ma si sentono sempre le vittime della situazione e alimentano il proprio disturbo.
Così, ad esempio, una persona che presenta un disturbo paranoide di personalità, non capisce che, con il suo comportamento sospettoso, non dà fiducia agli altri, e si “tira addosso” fregature e reazioni aggressive, confermandosi l’idea che non ci si può fidare di nessuno.
I disturbi di personalità sono stati classificati, secondo la più diffusa classificazione psicopatologica, in tre categorie:

Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro:
Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso.
Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri.
Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un’assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.

Disturbi caratterizzati da un’alta emotività:
Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell’idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita.
Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare l’attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni.
Disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l’ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l’importanza che si attribuisce.
Disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa per i crimini commessi.

Disturbi caratterizzati da una forte ansietà:
Disturbo evitante di personalità: chi ne soffre tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza.
Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi tutte le proprie decisioni.
Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l’ordine e per il controllo di ciò che accade.

 

Quando ci innamoriamo?
 
Noi tendiamo ad innamorarci quando siamo pronti a cambiare. Perchè siamo mutati interiormente, perchè è cambiato il mondo attorno a noi, perchè non riusciamo più realizzare i nostri desideri o ad esprimere le nostre potenzialità. Allora cerchiamo qualcuno che ci indichi la strada e ci faccia assaporare un nuovo modo di essere. Possiamo perciò innamorarci a qualsiasi età, ma soprattutto nelle svolte della nostra vita. Quando passiamo delle scuole elementari alle medie, poi alle superiori, all’università, o quando cambiamo lavoro, o a quarant’anni quando inizia la maturità o a sessanta, o a settanta quando inizia la vecchiaia. Oppure quando la vecchia relazione si è consumata, o il mondo è cambiato e noi cerchiamo un nuovo accordo con esso.
Di chi ci innamoriamo?
 
Della persona che, nel particolarissimo periodo in cui siamo predisposti ad innamorarci, col suo comportamento, con i suoi sentimenti, con i suoi valori, con la vita che ha vissuto, con i suoi sogni, con il suo slancio, ci fa sentire che, uniti a lei, possiamo realizzare le nostre potenzialità, soddisfare i desideri maturati dentro di noi. Allora proviamo una attrazione irresistibile e il bisogno di fonderci spiritualmente e fisicamente con lei. Io paragono il processo amoroso ad un puzzle: le caratteristiche della persona amata sono i frammenti decisivi che ci rivelano, in un istante, l’intero disegno. La ricerca può essere molto lunga, ma la rivelazione è improvvisa.
La cotta
 
Quando siamo predisposti, ci innamoriamo di quella persone che, col suo comportamento, i suoi sentimenti, la sua bellezza, il suo slancio, ci fa sentire che, uniti a lei, possiamo realizzare le potenzialità e i soddisfare i desideri maturati dentro di noi. Io paragono l’innamoramento alla soluzione di un puzzle: le caratteristiche della persona amata sono i frammenti decisivi che ci rivelano, in un istante, l’intero disegno. E la cotta? La cotta è quando noi, colpiti da alcune delle caratteristiche abbiamo l’impressione di cogliere la figura intera ma non è vero. Fuor di metafora abbiamo l’impressione di aver trovato una persone meravigliosa, straordinaria, unica. Ma dopo un po’ di tempo, ci accorgiamo di aver sbagliato e riprendiamo la ricerca.
Come sappiamo se siamo innamorati?
 
Come fai a sapere se sei veramente innamorato? Che non si tratta di una cotta momentanea, di una infatuazione? Studiando i sentimenti che provi quando sei lontano dall’amato. Non basta il desiderio ossessivo insistente di rivederlo, di sentiti dire ti amo, di fare all’amore. Quando sei veramente innamorato vieni preso da terrore panico che non ti ami più, dalla disperazione perché sai di non poter vivere, respirare senza di lui. E quando lo ritrovi è come se fossi tornato a casa dopo un esilio di mille anni, come il bambino che terrorizzato e urlante finalmente trova rifugio fra le braccia di sua madre. Una dolcezza senza fine, uno scuotimento di pianto, il tuo essere che si scioglie, come un liquido, in qualcosa che è lui, che è voi due, che è l’intero mondo.
Il tempo
 
Quando incontriamo un amico, anche dopo anni, è come se lo avessimo lasciato un momento prima. Riprendiamo la conversazione come se fosse un dialogo interrotto. Eppure non è un dialogo interrotto, non è la prosecuzione di quella conversazione. Perchè non ci interessa ciò che è accaduto nell’intervallo. Il tempo dell’amicizia è granulare, un succedersi di momenti presenti che si giustappongono. Invece il tempo dell’innamoramento denso, continuo, spasmodico. Dell’innamorato vogliamo sapere tutto, come ha passato ogni giorno, ogni ora. Il tempo dell’innamoramento stringe assieme il più remoto passato e il più lontano futuro. L’innamoramento è rimembranza e attesa ed il presente è la espansione gloriosa di questo spasimo. Ogni istante dell’amore soffre questo eccesso di temporalità e vuol essere eterno.
Fedeltà
 
Ci può essere fedeltà nel matrimonio, fra innamorati, fra amanti? Molti dicono di no. Ma non è vero. Ci può essere anche per periodi lunghi lunghissimi, per dieci, venti anni. Ed anche fra persone che, in precedenza sono sempre state molto libere e che non hanno scrupoli religiosi. La fedeltà è sempre frutto della volontà, di una scelta volontaria. Ma quando questa scelta non viene vissuta come una rinuncia. Alcuni uomini – nell’uomo la fedeltà è più rara – sono fedeli perchè amano tanto la loro donna da non volerla confondere, mescolare con altre. Nelle donne innamorate c‘è spesso il piacere e l’orgoglio di dire di no a tutti gli altri per esser solo dell’unico uomo che merita il loro amore, il loro cuore, il loro corpo. Un giardino fiorito che si apre solo per lui.
Cacciato e cacciatore
 
Si è sempre detto che l’uomo è cacciatore, mentre la femmina tende a trattenerlo e costruire il nido. Balle, la femmina è una straordinaria cacciatrice, migliore anzi del maschio. Perchè il maschio è poco selettivo, guarda alla quantità piuttosto che alla qualità. Egli cerca di diffondere il suo seme nel maggior numero possibile di femmine. La femmina invece è molto selettiva, caccia solo i maschi più belli, più intelligenti, più audaci, più ricchi e più forti. Ed è abilissima nel conquistarli. Lo fa da milioni di anni nonostante tutti i vincoli e le leggi maschili per frenarla. Ed è stata una fortuna, perché immaginate come sarebbe andata a finir male l’evoluzione della specie umana se avesse scelto quelli più brutti, poveri, stupidi e paurosi.
Abbigliamento e trucco
 
Le donne, in ogni società ed in ogni epoca, hanno sempre curato l’abbigliamento ed il trucco perché solo così possono valorizzare la propria bellezza. La differenza fra una donna trascurata la stessa in “alta uniforme“ è così grande che l’uomo ha l’impressione di due persone diverse. Nel celebre film Sabrina quando la ragazza (Hudrey Hepburn) torna elegantissima da Parigi i due uomini non la riconoscono poi se ne innamorano. La donna per rendere erotico il proprio corpo ha bisogno degli stilisti, dei sarti, dei calzolai, dei parrucchieri, dei truccatori, dei chirurghi estetici, dei gioiellieri. Il lusso e il bello sono strettamente connessi. Un uomo povero non può permettersi una donna bellissima. Non potrà darle ciò che vuole e qualcuno ricco e potente gliela porterà via.
Conoscere col corpo
 
Per conoscere il maschio la donna usa il proprio corpo. Si fida più delle proprie sensazioni che della ragione o di quello che lui le dice. E il primo aspetto che percepisce dell’uomo è l’odore. L’odore lo senti anche a distanza, basta essere seduti accanto in treno, in aereo, in macchina, al ristorante, in salotto, o sull’ascensore. Spesso le basta questo per decidere se incominciare a parlare con lui, se stabilire un dialogo erotico oppure no. Fra gli odori quello più importante è l’alito e a volte gli si avvicina apposta, con una scusa per sentirlo. Se le ripugna non vorrà più che si avvicini. Poi c’è il sapore, soprattutto il sapore della bocca che rileva col bacio. Ma dal modo di baciare la donna capisce dell’uomo moltissime altre cose, perfino se è avaro o generoso, sincero o falso.
Ti butta giù giù
 
Quando ci innamoriamo, tutti mettiamo il nostro amato più in alto. Ma quando cessa l’innamoramento, mentre l’uomo si limita a riportare quella la sua ex amata al livello delle altre, la donna porta chi amava ad un livello più basso degli altri, in un abisso. E se lui piange e la scongiura di fare all’amore, lei prova disprezzo, le ripugna persino che la tocchi. Fa più facilmente all’amore con il primo che capita. L’ espressione “vado col primo che capita, ma non con te” non è perciò solo un modo di dire tipico della donna, ma un vero comportamento. L’uomo ha una reazione opposta. Se la donna che amava piange, lo scongiura di restare con lei, di fare all’amore non solo non prova disprezzo, ma al contrario tenerezza, stima e ne viene attratto eroticamente.
Stupro
 
Un uomo fa fatica a capire perchè una donna, che si concede con estrema facilità a tanti altri uomini, a lui può dire di no, e considera la sua insistenza una molestia sessuale. Non sa che “la scelta” è l’essenza dell’erotismo femminile. È sempre la donna che sceglie, e sceglie chi le piace. Può decidere di rinunciare a questo suo diritto, come fa la prostituta che va con tutti, dietro pagamento. Ma attenzione: nel preciso momento in cui, ad una certa ora o in un certo giorno, smette di essere prostituta, si riappropria del proprio diritto e, se viene pressata a compiere un atto sessuale, lo considera uno stupro. Lo stupro, prima che un atto di violenza fisica, è un atto di violenza contro la istintiva libera volontà della donna di darsi a chi le pare.
Seduzione
 
L’innamoramento rende timidi, rispettosi, adoranti. Il ragazzo innamorato perciò prova orrore vedendo che la sua amata gli preferisce uno che non l’ama ma è brillante, sbruffone, sa farla ridere, divertire. E la ragazza innamorata resta allibita vedendo che l’uomo più forte, più intelligente cede di fronte alle moine, ai vezzi, alla seduzione sessuale di donne mediocri ma spregiudicate. Così nel profondo del loro cuore tanto i maschi come le femmine temono che l’amore profondo, vero, sincero sia pericoloso perché l’altro è sensibile solo all’artificio, alla manipolazione. Questa paura spinge tutti e due a studiare l’arte della seduzione. Con essa imparano a recitare per ottenere i loro scopi, ma anche a distinguere chi recita e chi invece è veramente innamorato.
Verità e perdono
 
Nel racconto La Signora col cagnolino di Cechov, a Jalta un uomo ha una avventura con una signora. Poi si sente spinto a cercarla di nuovo, la trova a Mosca si innamora, si innamorano. E Cechov scrive: “Essi si perdonavano a vicenda ciò di cui si vergognavano nel loro passato, si perdonavano tutto nel presente e sentivano che quell’amore li aveva mutati entrambi”. Lo stato nascente dell’innamoramento è l’unico momento in cui gli innamorati sono avidi di conoscere tutto della vita dell’altro e l’accettano qualunque essa sia, anche se ha avuto debolezze, errori, anche se ha ammazzato. Si perdonano tutto. Ma se uno non dice una parte essenziale della di ciò che ha vissuto, in seguito non potrà più farlo, e dovrà recitare per sempre, perdendo così la meravigliosa spontaneità che l’amore gli aveva donato.
Invidia
 
Quando amiamo intensamente l’unica cosa che ci interessa è il nostro amato. Aspettiamo un suo messaggio, una telefonata, cerchiamo di immaginare dove sia, sempre con un po’ di angoscia, di gelosia. E quando ci telefona, ci dice che ci ama, quando sappiamo che sta per arrivare, quando lo abbracciamo e facciamo all’amore, passiamo di colpo alla gioia più sfrenata, alla beatitudine. Così, tanto nella preoccupazione come nella felicità, tutto le altre cose ci appaiono meno importanti: la carriera, i riconoscimenti sociali, perfino le cattiverie che ci fanno. E poichè non ci compariamo più con chi ha più successo o più fortuna di noi, perlomeno un vizio lo perdiamo: l’invidia. Gli innamorati possono avere molti difetti, essere ansiosi, gelosi possessivi, ma non sono mai invidiosi.
Nostalgia
 
Anche l’amore nato dall’attrazione sessuale più forte, alimentato dal sesso più libero, sfrenato, gioioso, quando i due amanti sono lontani, diventa nostalgia, straziante bisogno dell’altro. È come una droga, non puoi fare a meno di pensare a lui, di scrivergli, di telefonargli e i giorni ti sembrano anni, i minuti mesi. Ma quello che ti manca non è il sesso, la beatitudine sessuale, perchè lo strazio è tale che non puoi riviverla. Quello che ti manca è il tuo amato nella sua interezza, come persona, come Essere. Infatti ti basterebbe averlo vicino, parlargli, sfiorargli una mano, stringerla. Certo che l’amore ha bisogno del sesso e si esprime nel sesso, ma solo perchè il sesso è il modo più intenso per partecipare all’Essere dell’altro, di fonderci con lui, di gioire con lui.
Fusione
 
Quando due persone sono innamorate, ciascuno vuol farsi conoscere non solo per come è ora, ma anche come era, quali erano le sue potenzialità. Vuol far vedere all’amato il mondo come l’ha visto da piccolo, poi da adolescente, poi da adulto e i sogni che ha per il futuro. E, l’altro a sua volta, vuol farlo partecipare della propria visione del mondo. Entrambi nell’innamoramento ricostruiscono la propria identità personale interiorizzando l’altro con la sua visione del mondo e la sua sensibilità. La fusione raddoppia perciò l’esperienza, raddoppia la loro capacità di comprensione. È quindi sempre un arricchimento del singolo individuo mentre crea le premesse per quel tipo di comprensione profonda su cui può nascere un nuovo “noi“, una la nuova identità collettiva.
Fame dell’altro
 
Due persone che si desiderano sessualmente hanno fame l’una dell’altra, fame dei loro corpi. E, facendo all’amore, si saziano. Poi si dimenticano abbandonandosi al sonno. Le persone innamorate invece hanno ma una duplice fame. Fame dei loro corpi e fame della loro anima. Fanno all’amore, godono dei loro corpi ma vogliono anche fondere le proprie vite, le proprie esperienze, il proprio passato. E la loro fame non si sazia. Risvegliati dal sonno si desiderano nuovamente, lontani si cercano. Il sesso, placato il desiderio, cerca il distacco, l’amore la vicinanza. L’unico vero profondo regalo che potete fare a due innamorati è farli stare sempre insieme, perchè possano cercarsi e ritrovarsi, e godersi infinite volte. Il sesso è un bacio isolato, l’amore una danza vorticosa, una giostra che li trascina.
Il dilemma
 
L’amore arriva sempre come un ladro inatteso. Penetra nella coppia esistente come il rapinatore in una casa, e la devasta. Quando io mi innamoro, continuo a voler bene a mio marito, a mia moglie, alla persona con cui convivo, ma le tolgo l’esclusività, mette al suo posto un altro e questo lei non può accettarlo. Mi scongiura, mi impone di scegliere, mi scaccia. Così l’amore, che chiede di essere solo felicità, si trasforma in uno straziante dilemma. Ti obbliga a scegliere fra due persone che vorresti continuare ad amare in modo diverso. L’oriente, se non ha risolto, ha perlomeno attenuato questo dilemma con la poligamia. L’occidente cerca di risolverlo dando più importanza al sesso, rinviando il matrimonio, indebolendo il legame di coppia, moltiplicando i singles.
Il corpo erotico
 
Nell’innamoramento spesso uno ama più, o un ardore, un desiderio più intenso dell’altro. Questa differenza però non ha nessuna importanza se chi ama di più usa il suo calore, la sua passione, la sua fantasia per riscaldare, accendere il cuore e il corpo dell’amato. L’uomo può farlo col corteggiamento, il gioco, la poesia, l’intelligenza erotica. La donna ha, in più, altre risorse come l’abbigliamento, il trucco, la gestualità, la danza. Ma ha, soprattutto la possibilità di usare il suo corpo erotico. Perchè tutto il corpo femminile è erotizzato, e la donna che riesce a liberarsi dei tabù, delle inibizioni, può insegnare, all’uomo che ama, a godere di tutto il suo corpo esattamente come fa lei. Dandogli un piacere che l’altro non poteva nemmeno immaginare.
Amicizia erotica
 
Amicizia e sessualità sono compatibili? Si, ma è difficile. Perché gli amici si raccontano tutto, si confidano i problemi, le difficoltà, e corrono ad aiutarsi, affrontando anche sacrifici. Nell’erotismo invece, noi cerchiamo soprattutto piacere, sfrenatezza gioiosa e non vogliamo essere disturbati da tutto ciò che è problema, da tutto ciò che è sgradevole. Non ci piace che l’altro ci parli o ci ossessioni con i suoi problemi economici e di carriera. Per fare durare l’amicizia erotica occorre prudenza. I due amici-amanti-amanti possono parlare della loro attività professionale, sorreggersi, aiutarsi. Ma con moderazione, con discrezione, evitando che il peso della vita quotidiana avveleni la loro vacanza festosa.
Utopie erotiche
 
Nel corso della storia ci sono sempre stati movimenti utopici che volevano eliminare la proprietà privata a favore della uguaglianza e del comunismo. Ma che razza di uguaglianza è quella che non riguarda anche il sesso, l’erotismo? Fourier perciò propone una società in cui le coppie si possono riunire a due a due formando un quadrangolo erotico. Oppure a tre, a quattro formando dei sestetti, degli ottetti, delle orchestre passionali. Inoltre le persone più belle dovevano andare anche con le brutte le giovani con le vecchie. Lungo il corso della storia si sono formate centinaia di comunità utopiche erotiche. Però tutte si sono dissolte perché il capo finiva per prendersi (o ci andavano loro) tutte le donne più giovani e più belle, creando invidie, gelosie e rivolte.
Far ingelosire o no
 
Ci sono degli uomini competitivi che desiderano una donna solo quando è di un altro. Eccitati dalla gelosia, ardono di desiderio solo quando vedono profilarsi un rivale. Per risvegliare il loro amore, la loro passione, bisogna farli ingelosire. Una mia conoscente è riuscita conservare il proprio uomo con tre trucchi elementari: ogni tanto non gli rispondeva al telefono, altre volte non si faceva trovare a casa, oppure usciva vestita in modo elegante senza dirgli dove andava. Ma, attenzione, esiste anche il tipo umano opposto. Quello che non sopporta la gelosia. Se costui, all’inizio dell’innamoramento, vede comparire un rivale, si ritira, scompare. Chi vuol trattenere questo tipo di persona facendola ingelosire la perda. Se ci tiene, se l’ama, sia prudente, le dia sicurezza.
Competizione sessuale
 
Ci sono due meccanismi opposti nella competizione erotica. Il primo ci dice che vince chi riesce a portar via per primo la persona desiderata e ad accoppiarsi con lei. Sta alla base dell’antico desiderio maschile di possedere una vergine. Se non riesce, se un altro lo precede si sente vinto e prova un moto di gelosia. Ma il secondo meccanismo dice invece che vince l’ultimo che porta via il trofeo. Il maschio si eccita all’idea di poter prendere la femmina che si è accoppiata con un altro perché, sostituendolo, lo scaccia simbolicamente, si impadronisce di quanto era suo. Questo meccanismo, in fondo, è implicito in tutta la prostituzione. Ogni uomo prende una donna che è appena stata di un altro maschio, lo scaccia e lo sostituisce.
Amante
 
L’amante è un giardino cintato, separato dalla vita quotidiana. La quotidianità non è governata da noi, ma dai doveri istituzionali, dalla ufficialità che rende tutto manifesto, nominabile, descrivibile, enumera i doveri, i dettagli, le mansioni. È il luogo dove passano tutti. Invece il mondo dell’amante è appartato, nascosto, segreto. Molti pensano che il segreto serva a dare il brivido del proibito. No, protegge gli amanti dalla irruzione degli altri. Quando la relazione diventa manifesta, pubblica, cambia natura, diventa matrimonio, anche se non gli viene dato questo nome. Recintato il tempo e lo spazio, protetti dal segreto, gli amanti diventano i registi del proprio mondo erotico e ne fanno una rappresentazione teatrale, si essa un orgia, un ballo o un idillio.
Confessare o no?
 
In un libro che ho letto ma non ricordo quale, ci sono due amanti. L’uomo, preso da sensi di colpa e dal desiderio di chiarezza e sincerità vuol confessare la loro relazione a sua moglie. Lei è terrorizzata. Per carità non farlo, gli dice, oggi noi siamo soli, felici, nessuno ci disturba, nessuno invade la nostra intimità. Ma appena avrai parlato con tua moglie sarà tutto diverso. Nella nostra vita entrerà lei, di prepotenza, e poi i tuoi figli, gli amici, i tuoi genitori i miei, una folla strabocchevole vociante,che riempirà tutta la nostra vita, il nostro spazio il nostro tempo con le loro recriminazioni, le loro minacce, i loro consigli, le loro parole. Non saremo più soli. Saremo sempre in mezzo a questa gente sgradevole chiassosa, petulante. Io non la voglio.
Allegria
 
L’erotismo appartiene alla sfera del gioco, del divertimento, dello scherzo, della gioia. Due persone che vivono insieme, dormono insieme, lavorano insieme ma sono sempre assorbite da problemi, impegni, doveri, e non trovano il tempo di andare a ballare, di far festa, di giocare e scherzare, a poco a poco vedranno diminuire il loro desiderio erotico. E lo stesso succederà a tutti coloro che hanno una visione pessimista, seria o tragica della vita, e non sanno, perlomeno di tanto in tanto, ritornare freschi, allegri, spensierati, scatenati come bambini. Ed è per questo che alcuni si fanno un amante, perché quando vanno con l’amante è come se marinassero la scuola. Si buttano dietro le spalle tutti i doveri e pensano solo a divertirsi, a giocare e a darsi piacere.
Ricco e povero
 
Quando ero giovane non avevo i soldi per comperarmi una vespa e, per fare all’amore con una ragazza, dovevo portarla nei campi. Sebbene fossi molto carino, quelle belle non ci volevano venire. Invece vedevo che i maschi che avevano una macchina spider, per esempio il duetto, ne avevano sempre a bordo di bellissime. È passato il tempo, è cambiato tutto, c’è stata la rivoluzione sessuale, il femminismo, le donne fanno carriera, le ragazzine fanno all’amore a quattordici anni, il sesso è libero, separato dall’amore. Però, guarda caso, quando vado a Forte dei Marmi constato che i giovani maschi che hanno macchine sportive di lusso, Ferrari, Lamborghini oppure barche, lussuose, hanno sempre con loro delle ragazze bellissime, modelle, miss qualcosa, divette della TV. E gli altri no. Cos’è cambiato?
Fuori!
 
È la donna che lascia bruscamente e per sempre. L’uomo lascia, ma può riprendere, per amicizia, oppure per desiderio sessuale. La donna rompe in modo brusco perché vuole un amore vero e, quando è delusa, prova collera, odio. E, conoscendo intuitivamente l’uomo, li lascia crescere dentro di se fino ad un livello parossistico. Ma non vuole che trapeli nemmeno inavvertitamente. No lui non deve immaginare nulla, sospettare nulla fino al giorno in cui lo caccerà via, via per sempre. Sarà una vendetta terribile dirgli che non lo amava, lo disprezzava, le faceva schifo, rinfacciargli le sue cattiverie, le sue meschinità lasciandolo sconcertato, impietrito, distrutto. E vederlo brancolare, piangere, scongiurare come un bambino piagnucoloso rafforzando così ancora di più il suo disprezzo.
Potere o amore?
 
Il potere, il successo, la vittoria, la vendetta, la gloria non possono mai dare un piacere intimo, profondo, duraturo e sereno come quello dell’amore ricambiato. Perchè sono sempre accompagnate da contrarietà, nemici, pericoli. Il tiranno onnipotente sa di essere circondato da traditori e teme per la sua vita. Invece a chi ama ed è sicuro di essere riamato, il mondo appare sereno ed amico. Ed anche quelli che potrebbero apparire ostacoli: un ritardo, un equivoco, l’attesa di una telefonata, sono in realtà sempre fonte di delizioso languore. Di un dolce spasimo che fa pregustare l’incontro d’amore e la felicità dei corpi che si abbracciano e, si fondono e si saziano. Cosi il piacere d’amore dura a lungo, godendo esclusivamente di se stesso e non ha bisogno di nient’altro.
Sesso e pericolo
 
L’attrazione sessuale è molto più antica della società e perciò ha sempre la tendenza a violare le leggi, le regole deontologiche, la neutralità richiesta dal proprio ruolo sociale. Unisce ciò che ufficialmente deve essere diviso nel modo più capriccioso e imprevedibile. Per questo la sessualità è sempre stata usata nella lotta politica, dai servizi segreti, impiegata per produrre scandali ed eliminare avversari scomodi. Ma anche nella vita quotidiana, pensiamo a quanti conflitti può creare quando si insinua nei rapporti fra impiegato di banca e cliente, fra medico e paziente, fra giudice e imputato, fra poliziotto e delinquente, fra insegnante ed allievo, fra esaminatore ed esaminato, fra padrone e servitore, fra vicini di casa, fra amici e perfino fra nemici.
Uno o molte?
 
Aumentano le persone che cercano il piacere nello scambio di coppia, facendo all’amore in tre o quattro o in tanti nell’orgia confondendosi nella molteplicità dei corpi. Altri dicono loro che sbagliano perchè il piacere sessuale più profondo, l’estasi totale si può ottenere solo concentrandoci su una persona con cui raggiungere una totale intimità ed un totale abbandono.
Solo così possiamo trasformare il nostro
corpo ed il corpo dell’amato in strumenti musicali con cui creare, senza freni, senza inibizioni, senza limiti, le infinite armonie che vi sono celate, il mistero racchiuso nelle nostre più recondite fantasie. E ci spiegano che noi tutti utilizziamo solo una frazione infinitesima del nostro corpo erotico per cui, disperdendoci nella molteplicità, perdiamo anche quella.
Non eri come pensavo
 
La trasfigurazione dell’amore non è mai una pura invenzione, un puro delirio, ha sempre una base, non fa che accentuare, esaltare ciò che esiste. È una esagerazione, una iperbole, non una pura illusione. Poi nel corso della vita noi cambiamo, cambiano le circostanze, dobbiamo affrontare altri problemi e le qualità della persona amata che ti attraevano non ti servono più. Allora le senti come un limite, un ostacolo un disagio. Quell’uomo impulsivo e impetuoso ora ti appare violento e litigioso. Quella donna ridente, brillante, fantasiosa, ora di sembra sconsiderata e inconcludente. La fine di un amore è sempre amara per entrambi perché ciascuno rimprovera all’altro di non essere come lo aveva immaginato, mentre in realtà gli rimprovera di essere proprio ciò che era.
L’amore è geloso
 
Uomo e una donna ad una festa. Lui non sa ancora di amarla, gli piace, stanno bene insieme, giocano, si divertono, ogni tanto fanno all’amore. Durante la festa lei vede un’altro, le piace, è libero, sta per partire per un viaggio, le chiede se vuol andare con lui. Perché no? Faranno insieme una vacanza, si divertiranno, nessun legame. Poi ciascuno per la propria strada. Ma l’uomo che sta con lei, quando capisce che la sua compagna può andarsene con l’altro prova un dolore insopportabile. Perché scopre di amarla. Lei è sul versante del sesso, lui su quello dell’amore. Quello che per lei è gioco, per lui è tragedia. L’amore è geloso, l’amore è possesso. Dice: “quest’uomo è mio, questa donna è mia!“ e non posso sostituirli con nessun altro.
Pesante e leggero
 
Nella nostra epoca, l’amore è difficile e viene sostituito dal sesso. Perché il sesso non lega, non fa soffrire, se non va bene con questo andrà bene con l’altro. Invece l’amore ti da l’estasi e la felicità, ma poi basta un nulla, una frase sbagliata, per lasciare una ferita straziante. E non puoi dire a chi ti ama “era solo sesso” perché egli non può accettare che tu scelga volontariamente il piacere sessuale reciproco con un altro, invece che con lui. Il sesso è leggero, l’amore è pesante. Ma quel piacere leggero lacera, distrugge l’altro.
Amore appiccicoso
 
Le donne, quando sono innamorate fioriscono e, ricambiate, diventano più belle, sono come in uno stato di grazia. Non hanno paura della separazione e, anche lontane da chi le ama godono delle cose belle della vita riscaldate dal loro amore. Molti uomini (non tutti naturalmente) invece, quando si innamorano, anche se sono riamati, hanno bisogno della presenza fisica del loro donna, hanno bisogno di abbracciarlo, di sentirla sempre a disposizione. Sopportano male la separazione, e se lei si allontana, vogliono sapere tutto ciò che ha fatto, ma non per gelosia, per essere sempre spiritualmente con lei. Il risultato però può essere che le donne del primo tipo, allegre, sicure, che gioiscono dell’amore in sè, dapprima lusingate da tanta attenzione, poi si seccano, li trovato troppo possessivi, troppo appiccicosi.
Fascino
 
Il fascino non è un corpo, non è un volto è il tralucere di una vita. Nel film di Scorsese L’età dell’innocenza, la contessa Olewska, interpretata da Michelle Pfeiffer, esercita un fascino irresistibile perché porta nella banalità newyorkese, il segreto conturbante degli amori e delle passioni europee. Un mistero che traspare nella dolcezza fiera e dolente dei suoi lineamenti, nel suo sorriso disarmante, nel suo abbigliamento raffinato, nella sua sicurezza fra gente ostile, nel suo anticonformismo che indica altre abitudini, altri amori, rapporti proibiti. Il fascino è sempre il tralucere di un passato e di un mondo a noi sconosciuto, di una trasgressione al nostro ordine quotidiano. È il rivelarsi di questo mistero, è la seduzione di questo mistero.

tratto da www.alberoni.it

Che cos’é l’amore?
Due persone, in un certo momento della loro vita, incominciano un mutamento, si rendono disponibili a staccarsi dai precedenti oggetti d’amore, dai precedenti legami, per dare origine ad una nuova comunità. Allora entrano in stato nascente, uno stato fluido e creativo, in cui si riconoscono reciprocamente e tendono alla fusione. In tal modo essi costituiscono un noi, una collettività ad altissima solidarietà e ad altissimo erotismo.

È all’interno di questo noi che i singoli individui realizzano i loro sogni erotici e non erotici, le loro aspirazioni, le loro possibilità inespresse. L’altissima solidarietà, l’immenso piacere erotico che si danno a vicenda permette a ciascuno di subire e di esercitare fortissime pressioni sull’altro, pressioni che portano alla formazione di un progetto comune, ad una comune visione del mondo.

La nuova coppia nascente é animata da una energia inesauribile e da un traboccante entusiasmo. Il mondo le appare meraviglioso , le possibilità di azione infinite. Elabora una nuova concezione della vita , ristruttura tutti i propri rapporti interni ed esterni , si costruisce una nuova nicchia ecologica.

L’energia creativa, fluida dello stato nascente si trasforma così in struttura, in norma. Sono principi, regole, convenzioni, abitudini , costruiti con slancio, con l’adesione più entusiasta, perché avvengono nel momento della massima spinta alla fusione. Sono patti giurati che custodiscono la speranza e la promessa dello stato nascente, dove traluce sempre l’assoluto. Con il passaggio dall’istituzione allo stato nascente é avvenuta una conversione della struttura – famiglia, casa, figli,amici, idee consolidate – in energia. Adesso avviene il contrario. È l’energia che si traduce di nuovo in struttura: nuova casa, nuovi amici, nuova concezione del mondo.

Domandiamoci ora: cos’é l’amore come emozione, sentimento, esperienza soggettiva, stato dell’animo, in questa prospettiva? L’amore é il risvolto emozionale interiore della nascita di una nuova collettività e di un nuovo me stesso. E la persona amata é il perno, l’asse attorno a cui avviene questa ricostruzione. È l’esperienza del fondermi con lei formando una nuova entità che mi risplasma, mi ricrea e ricrea il mondo in cui vivo. È l’esperienza di scoprirmi parte di un nuovo mondo, di un nuovo cielo ed una nuova terra. E la persona amata é la porta per accedere a tutto questo.

L’amore come emozione d’amore, come slancio, languore, desiderio, spasimo, sogno, é quindi l’energia creativa nel suo manifestarsi. Dell’energia creativa che, attraversandomi, mi usa come sostanza per edificare un nuovo mondo e un nuovo me stesso. Noi perciò amiamo ciò che ci sta creando e che stiamo creando. Di cui siamo ad un tempo figli e genitori. Questo nell’innamoramento. Ma possiamo applicare la stessa definizione anche alle altre forme di amore che conosciamo?

Incominciamo questa verifica partendo dall ‘amore della madre per suo figlio. Cosa abbiamo detto? Noi amiamo ciò che stiamo creando e che ci sta ricreando. La madre, già quando aspetta il bambino e poi quando lo allatta, lo nutre, lo alleva sperimenta la creazione di un essere mediante il quale ricrea se stessa. Crea una nuova comunità con un nuovo mondo entro cui entrambi saranno mutati. È la co-creazione di un mondo. Il bambino non é passivo . Risponde ai suoi stimoli e la porta a ridefinire continuamente se stessa, lui e il loro mondo. Questo processo continuerà per tutta la vita. Ed é per questo motivo che l’ amore della madre per il figlio e del figlio per la madre dura. Dura perché si rinnova perennemente. Perché, possiamo ora domandarci, questo tipo di amore non corre il rischio di scomparire come, invece, avviene nella coppia? Perché resiste alle più forti frustrazioni, alle delusioni più amare? Perché nella coppia entrano due individui già formati, ciascuno con i propri legami amorosi individuali e collettivi, con le proprie concezioni del mondo.

Nell’innamoramento essi destrutturano il proprio Sé precedente, il proprio mondo precedente. Ma solo in parte. Il processo di co-creazione della coppia avviene attraverso scontri, prove, compromessi. Ciascuno compie delle rinunce, ma tiene saldi alcuni valori. Con il passare del tempo, le due personalità possono avere sviluppi divergenti. L’universo in comune fra genitori e figli é enormemente più esteso. Il processo di aggiustamento reciproco avviene quando il bambino é plastico. E continua giorno dopo giorno sotto la guida del genitore che gestisce il cambiamento, evita che sorgano conflitti insolubili, divaricazioni insopportabili. Queste possono comparire solo nell’adolescenza o nella vita adulta.

Vediamo ora il rapporto amoroso che si stabilisce nell’amicizia. Questa é fondata sul principio del piacere. Non si costituisce a caldo, nel processo di stato nascente. Non c’é fusione iniziale, ardente, rischiosa, appassionata. L’amicizia si costituisce lentamente, incontro dopo incontro, in cui ciascuno getta un ponte fra quello precedente e quello successivo. È il precipitato storico di rapporti riusciti, gratificanti, rassicuranti, divertenti. Anche i due amici tendono ad una parziale fusione, anche loro tendono ad elaborare una comune visione del mondo. Anche loro costituiscono un noi. Ma senza la violenta e radicale distruzione del mondo precedente. Se fra loro esistono fin dall’inizio delle divergenze nelle credenze politiche e religiose, delle diversità di gusti, di abitudini, di opinione, non c’é un processo di fusione in cui vengono sciolte come in un crogiuolo. Permangono e rendono la relazione delicata.

Gli amici restano uniti perché scoprono, a poco a poco, di avere delle affinità elettive, perché compiono uno sforzo volontario di aggiustamento reciproco, cercando ciò che li unisce e non ciò che li divide. Ma se compaiono divergenze ideologiche, contrasti di interesse, o se qualcuno si comporta in modo eticamente scorretto, il rapporto amicale si rompe e di solito la rottura é irreparabile. L’amico può perdonare la menzogna, il tradimento, ma le cose non tornano più come prima. L’amicizia è la forma etica dell’eros. Anche il sentimento amoroso dell’amicizia dipende dalla costruzione comune di un mondo e della propria identità. Si intensifica nei momenti di cambiamento, di crisi, quando ci confidiamo con l’amico, gli chiediamo sostegno e consiglio. Si intensifica con lo scambio delle esperienze, affrontando insieme i problemi, con l’aiuto reciproco, combattendo fianco a fianco contro un avversario, una minaccia, come due cacciatori, come due guerrieri.

Prendiamo adesso l’ammirazione, l’adorazione per un divo alla cui base abbiamo posto il meccanismo dell’indicazione. Quando questo interesse é molto forte, il personaggio diventa una componente importante dei processi di definizione di se stesso e del mondo. Pensiamo a cosa rappresentano, per gli adolescenti, i campioni sportivi, i divi dello spettacolo, i cantanti di musica leggera. Essi li prendono come modelli di identificazione. Le giovani donne partecipano alle vicende amorose del loro divo preferito. Talvolta fantasticano una vita di coppia con lui.

Ancora più profondo é il processo che avviene nel rapporto con il capo carismatico di un movimento politico o religioso. Il capo carismatico é colui che interpreta la situazione storica, che da un senso al mondo, che stabilisce la meta, la direzione. L’amore per il capo carismatico rassomiglia a quello che proviamo per la persona di cui siamo innamorati. E se il capo resta tale per molto tempo, l’amore per lui si affianca all’amore per la madre o per il padre, e costituisce un punto fisso di riferimento per tutti i problemi della vita.

Questa definizione dell’amore vale anche per il meccanismo della perdita. Nella perdita il nostro mondo consolidato, familiare, i nostri oggetti stabili di riferimento, le nostre mete vengono sconvolti, minacciati di distruzione. Ci troviamo improvvisamente di fronte all’abisso del nulla. Allora siamo costretti a riesaminare il valore di tutte le cose che abbiamo, a ripensare noi stessi, la nostra vita, il nostro futuro. A ridefinire ciò che vale, ciò che non vale. La lotta per sottrarre il nostro oggetto d’amore individuale o collettivo alla perdita, é perciò una ricostruzione del mondo. Non é l’apparizione di un mondo nuovo, non è la marcia verso la terra promessa. Ma é pur sempre la marcia verso la patria perduta di cui si é riscoperto il valore e la bellezza. Della patria che si deve riconquistare con la consapevolezza che é il massimo bene, e che per essa vale la pena anche di morire.

Abbiamo così visto che tutte le forme di amore, tanto quelle che sorgono dallo stato nascente come dagli altri meccanismi, il piacere, l’ indicazione e la perdita, comportano sempre la creazione o la ricreazione di una collettività di cui facciamo parte e che ci plasma. Possiamo quindi concludere dicendo che l’amore é l’aspetto soggettivo, emozionale del processo in cui noi generiamo, mentre siamo a nostra volta generati da qualcosa che ci trascende. Da tutto quanto abbiamo detto deriva una importantissima conseguenza. Che, se l’amore dura, se si prolunga nel tempo, vuol dire che continuano ad agire i processi, i meccanismi che hanno agito nel momento iniziale, della rivelazione, della scoperta, dell’innamoramento. L’amore , se esiste, in quando esiste, é sempre “nascente”. E sempre scoperta, rivelazione, ammirazione, adorazione, desiderio di congiungimento con qualcosa che ci trascende e che da ordine e senso al mondo.La persona che amiamo é sempre, nel momento in cui l’amiamo, ciò che ci si sta rivelando come il perno del mondo, ciò in cui traluce l’essenza del mondo, l’ordinatore del mondo.

L’amore é perciò sempre brivido dell’assoluto nel contingente, qualcosa di misterioso, meraviglioso e divino. E, quando é ricambiato, é dono, grazia che chiede lode e riconoscenza.

Estratto da “Ti amo“, Francesco Alberoni, Garzanti

Sto cominciando seriamente a pensare che una persona che conosco bene ne soffra…E poi dicono delle donne…

Anoressia sessuale

Non è passato molto tempo da quando la sessualità di una coppia era considerata comunque normale, anche se i colori della fantasia in amore apparivano sempre meno ricchi di toni, fino a confondersi con un costante grigiore. Si riteneva fisiologica la caduta di desiderio dopo pochi anni di vita coniugale, ed i  lieti eventi, rappresentati dai nuovi arrivati (bambini), segnavano spesso il giro di boa per una netta inversione di tendenza nelle abitudini sessuali della coppia. Parliamo di coppie apparentemente stabili.
L’abitudine a riconoscere, comunicare e desiderare di risolvere le problematiche, le inquietudini e le insoddisfazioni della vita sessuale è una conquista relativamente recente. Si è compreso quanto una vita sessuale appagante sia importante per l’equilibrio e lo stato di salute psicofisica di ognuno e per la crescita della coppia con armonia e serenità. Armonia, serenità, accordo, complicità, alleanza, giocosità sono fondamentali per allevare la prole in modo equilibrato e adatto alle esigenze del bambino, durante il suo processo evolutivo all’interno della famiglia. I bambini hanno bisogno di punti di riferimento stabili e la salute della vita sessuale di una coppia riflette sempre il comportamento dei genitori tra loro e, di conseguenza, con i propri figli. Un comportamento libero, aperto, saggio, equilibrato, gioioso e giocoso con i figli è annunciato dalle stesse caratteristiche vissute nella vita sessuale della coppia. Al contrario, ansie, frustrazioni, sentimenti di inadeguatezza, amarezza, conseguenti ad una vita sessuale con caratteristiche sempre più sbiadite, non giova alla armonia della coppia e della famiglia.

L’anoressia sessuale è un disturbo del desiderio sessuale che interessa un numero sempre crescente di persone. Negli Stati Uniti, da una ricerca sulla popolazione del Journal of American Medical Association, emerge che il 33% delle donne tra i 18 e i 59 anni soffre di parziale o totale assenza del desiderio sessuale, contro il 16% dei maschi.
Il disturbo è maggiormente invasivo e catastrofico nelle coppie, dove non solo uno dei due non prova più nessun desiderio ma crolla in modo significativo anche l’intimità, il contatto fisico non finalizzato al sesso, mi riferisco alle affettuosità, come carezze, sguardi, abbracci, baci, etc. Il corpo dell’altro non ispira più alcun contatto e il proprio non è più percepito come oggetto di piacere. Da malattia di un solo partner l’anoressia sessuale mina in profondità il rapporto della coppia e può portare a crisi profonde, a ferite dell’amor proprio, a rancori che crescono nel silenzio. L’altro pensa di essere meno importante, è addolorato dal non essere desiderato, crede meno nel proprio potere seduttivo ed è portato a ricercare altrove conferme gratificanti; si genera un doloroso sentimento di delusione. L’intimità tende gradualmente a scomparire. Il sesso è una attività che si rinforza con la pratica e abbandonarlo significa entrare in una spirale dove è sempre più difficile recuperare quanto perduto.

Il calo del desiderio: “disturbo del desiderio sessuale ipoattivo o anoressia sessuale”, è una disfunzione del comportamento sessuale, è una vera e propria malattia. I fattori che determinano il problema sono complessi da analizzare e differenti tra loro. Se non imputabile a disturbi di natura organica o psichica, il calo del desiderio, in una persona che abbia in passato avuto una vita sessuale normale, affonda sovente le sue radici nelle dinamiche della relazione di coppia. La sessualità è condizionata dalla qualità degli aspetti del rapporto che apparentemente non hanno nulla a che vedere col sesso. In questo caso la soluzione al problema deve essere cercata all’interno delle dinamiche della coppia stessa, anche se apparentemente lontane dal problema manifesto. E’ necessario osservare la relazione nella sua interezza e comprendere i punti di contatto dove possano convogliare le esigenze di entrambi. L’anoressia sessuale è una mancanza di interesse verso il sesso, non solo manca la voglia di fare l’amore, ma mancano anche le fantasie erotiche e gli stimoli fisici, presenti invece nel disturbo più o meno grave del desiderio sessuale ipoattivo. Per chi soffre di anoressia sessuale, è come se il periodo di refrettarietà (lasso di tempo caratterizzato da disinteresse per ogni attività sessuale, conseguente alla appagante conclusione dell’atto sessuale) fosse divenuto permanente, al punto da trasformare l’individuo da animale sessuato ad animale asessuato. Si tratta di una risposta innaturale, andare contro natura. L’essere umano è un animale sessuato e non solo nelle stagioni dell’amore, come accade in altre specie animali, è quindi sensibile al sesso permanentemente, per tutti i 365 giorni dell’anno solare.

LE CAUSE DELL’ANORESSIA POSSONO ESSERE:
FISICHE: malattie, squilibri ormonali, farmaci che influiscono sul desiderio, allattamento e stato di costante stanchezza psicofisica.
SITUAZIONALI: periodi della vita dove particolari e importanti obiettivi assorbono interamente l’individuo, come periodi di superlavoro in cui tutte le energie sono dedicate alla professione, bambini piccoli in casa da gestire tra le faccende, la professione, asilo, scuola, malattie, permessi, frustrazioni, sensi di colpa, etc. Allevare bambini richiede un grande dispendio di energie fisiche ed emotive. Quando la stanchezza prende il sopravvento, si diradano nel tempo sempre più le notti d’amore. Eventuali incomprensioni e una scarsa comunicazione nella coppia amplificano ogni problema.
DEPRESSIONE: il desiderio di fare l’amore può scomparire in un periodo nero. La depressione “distrugge” il desiderio sessuale.
PROBLEMI DELLA COPPIA: quando l’intimità e la comunicazione fra una coppia vacillano, la prima cosa a risentirne sarà la sessualità, specie quella della donna. E’ triste e frustrante convivere con un partner poco sensibile e taciturno. In tali condizioni è naturale l’inibizione del comportamento intimo, in tutte le sue manifestazioni e soprattutto quella sessuale.
La donna, abitualmente, vive il sesso in modo più emotivo, questo significa che quando una donna non si sente abbastanza capita,amata e apprezzata, reagisce ritraendosi a livello sessuale.

ANORESSIA SESSUALE PERMANENTE:
In alcuni casi, l’anoressia sessuale riguarda persone che non hanno mai provato alcun interesse verso il sesso. Rapporti solamente platonici senza avere lo stimolo ad andare oltre.
In questo caso, l’anoressia sessuale ha un profondo significato psicologico. Il problema è generato da un trauma presente nell’inconscio. A volte chi non riesce ad accedere alla sessualità adulta, è una persona con la paura di crescere. Nei primi anni di vita stabiliamo un naturale rapporto diadico con la mamma (0 -2 anni circa – bambino e mamma), un rapporto fondamentale per la sopravvivenza fisica e psicologica del bambino.  Chi non sente nessuno stimolo sessuale , si percepisce a livello inconscio come un bambino, di conseguenza assessuato. Successivamente la sessualità “esplode” con la fase edipica (vedi psicoanalisi – Sigmund Freud – Lo sviluppo psicosessuale). In questa fase particolare: 4 – 6 anni ogni bambino si innamora della figura genitoriale di sesso opposto e di questo innamoramento nessuno conserva memoria (rimozione). Al contrario, la paura, la vergona e l’orrore dell’incesto non ci consente spesso di accettare questo vissuto e risulta più comodo rinnegarlo (gli psicologi dicono tante stranezze..). In questo periodo di sviluppo psicosessuale di bambini e bambine, si può talvolta riscontrare una gran differenza tra il comportamento dei genitori verso le figlie femmine che verso quelli maschi, si tratta di un limite culturale, purtroppo ancora diffuso in alcune culture e comunità. Genitori impreparati potrebbero traumatizzare soprattutto le bambine che, nella loro fisiologica fase di innamoramento del loro  papà, sono costrette a subire reazioni inadeguate, eccessivamente repressive e, purtroppo, in alcuni casi violente. La paura e la vergogna dell’adulto riflette i suoi sentimenti (dell’adulto) e il suo comportamento inadeguato alla situazione evidenzia le sue inquietudini. Una altalena di emozioni lontane nel tempo e vicine nei ricordi, il ruolo di vittima e poi di carnefice, la paura di analizzare e approfondire la situazione da parte dei genitori, generano comportamenti che “castrano” la crescita spontanea, fisiologica e naturale della propria figlia nel suo processo di sviluppo. Per il padre, la bambina che ha tanto amato, che ha stretto a se, che ha fatto addormentare cullandola osservando il suo visino beato, di colpo, si trasforma in una strega con desideri incestuosi (alterazione dello stato di coscienza e della realtà). Il genitore non riesce a vincere i propri limiti e comportarsi adeguatamente: atteggiamento non seduttivo e non repressivo. La bambina rimane traumatizzata, delusa e, non potendo comprendere queste dinamiche, spinge nell’inconscio vergogna, paura e odio, giurando a se stessa di non ripetere mai più nella sua vita il comportamento che ha cambiato così drammaticamente la sua vita in famiglia. La sua terra psichica apre una voragine che inghiotte la sua sessualità in erba. E’ un esempio di come si potrebbero formare le basi della anoressia sessuale da adulta. E’ evidente che una situazione di anoressia sessuale permanente richiede, oltre alla sensibilità e comprensione del partner, spesso un aiuto professionale (psicoterapia).

Con aria e fattezze sognanti, vorrei dedicare questo post alla mia anima gemella, che forse ho trovato…Adesso sto solo aspettando di parlare col mio inconscio per avere una risposta più precisa alle mie domande e qualche soluzione ai miei dubbi, che da così tanto tempo mi fanno arrovellare in mille pensieri ed in mille elucubrazioni…

All’anima gemella (forse un folle…)

Questo è dedicato al Nelson che c’è in me, alla mia parte maschile, al mio uomo ideale e speculare…

 

 

di Jorge N. Ferrer

Nel buddismo, la gioia compassionevole (mudita) è vista come una dei “quattro stati incommensurabili” o qualità dell’essere illuminato-gli altri tre sono: la gentilezza amorevole (metta) la compassione (karuna) e l’equanimità (upeksha). La gioia compassionevole si riferisce alla capacità umana di partecipare alla gioia degli altri e sentirsi felici quando gli altri lo sono.

Anche se con diversa enfasi, tale comprensione può essere ritrovata negli insegnamenti alla contemplazione di molte altre tradizioni religiose, come la Kabbalah, il Cristianesimo o il Sufismo, che nei loro rispettivi linguaggi, si riferiscono alla gioia compassionevole, per esempio, in termini di apertura dell’“occhio del cuore”.

Stando a queste e altre tradizioni, il coltivare la gioia compassionevole, può squarciare l’ultimo lembo di falsa dualità tra sé e gli altri, ed essere, pertanto, un potente aiuto nel cammino verso il superamento dell’egocentrismo ed ottenerne la liberazione.

Sebbene l’obiettivo ultimo di molte pratiche religiose sia lo sviluppo della gioia compassionevole verso tutti gli esseri senzienti, le relazioni intime offrono agli esseri umani – che siano o no praticanti di spiritualità – una preziosa opportunità di assaggiare il suo sapore esperienziale. Molti individui per natura equilibrati, condividono in certa misura la felicità dei loro partner.

La beatitudine e la gioia possono facilmente emergere dentro di noi nel sentire la gioia in un ballo estatico col partner, nel godimento di una spettacolo artistico, nel gustare il piatto preferito, o nella contemplazione serena di uno splendido tramonto. E questa innata capacità per la gioia compassionevole nelle relazioni intime, spesso raggiunge il suo picco emotivo nelle esperienze emozionali profondamente condivise, nello scambio sensuale e nel fare l’amore. Quando siamo innamorati, la gioia rappresentata dall’amato diventa molto contagiosa.

E se la gioia sessuale ed emotiva del partner non dovesse sorgere in relazione a noi, ma verso altri? Per la maggior parte della gente, la reazione immediata probabilmente non sarebbe di apertura e amore, quanto piuttosto di paura contratta, rabbia e forse anche violenza. Il cambiamento di una singola variabile ha rapidamente trasformato l’appagamento disinteressato della gioia compassionevole nel “il mostro dagli occhi verdi” della gelosia, come Shakespeare chiama questa emozione compulsiva.

Forse a causa della sua diffusione, la gelosia è ampiamente accettata come “normale” nella maggior parte delle culture, e molte delle sue violente conseguenze, sono state spesso considerate come comprensibili, moralmente giustificabili, e persino legalmente permesse. (Vale la pena ricordare, come alla fine degli anni ’70, le leggi di Stati come il Texas, l’Utah e il New Mexico, consideravano “ragionevole” l’omicidio del partner adultero, se colto sul fatto!).

Sebbene ci siano circostanze in cui la consapevole espressione di una giusta rabbia (non violenta), possa essere una risposta adeguata contemporanea -ad esempio, nel caso di rottura di adulteri all’interno di impegni monogamici – la gelosia spesso fa la sua comparsa in situazioni interpersonali in cui il tradimento non è avvenuto o quando razionalmente sappiamo che non esiste una minaccia reale (per esempio, guardando il nostro compagno ballare con una bella persona ad un party).  In generale, il risveglio di gioia e simpatia osservando la felicità del nostro partner in un rapporto con una persona percepita come rivale è una perla estremamente rara da trovare. Nel contesto delle relazioni romantiche, la gelosia funziona come ostacolo alla gioia simpatetica.

Quali sono le radici di questa diffusa difficoltà nel vivere la gioia simpatetica nelle arene delle esperienze amorose e sessuali?  In ultima analisi, cosa c’è in agguato dietro un tale comportamento apparentemente defilato come la gelosia?  La gelosia può essere trasformata attraverso una più ampia espressione di gioia compassionevole all’interno dei nostri rapporti intimi?  Che risposta emotiva può prendere il posto della gelosia?  E, nel trasformare la gelosia, quali sono le implicazioni per le nostre scelte spirituali nelle relazioni?  Per cominciare ad approfondire queste domande, dobbiamo passare alle scoperte della moderna psicologia evolutiva.

La mappa dell’evoluzione e la funzione della gelosia è stata tracciata con chiarezza dagli psicologi evoluzionisti, da antropologi e zoologi. Nonostante il suo tragico impatto nel mondo moderno (la schiacciante maggioranza mondiale di partner maltrattati e di omicidi nell’ambito matrimoniale è causata dalla violenza generata da gelosia), essa è emersa molto probabilmente intorno a 3 milioni e mezzo di anni fa, nei nostri antenati ominidi, come risposta d’adattamento vitale per ambedue i sessi. Mentre il ricorrere in modo decisivo alla gelosia, per i maschi rappresentava la certezza della paternità e per evitare lo spreco di risorse a supporto dei figli di altri , per le femmine si è evoluto come meccanismo volto a garantire la protezione e le risorse per i figli biologici. In breve: avendo un partner fisso, la gelosia emerse nei nostri antenati a protezione, nei maschi dal “calo sessuale” e nelle femmine dall’essere abbandonate.

E’ per questo che ancora oggi l’uomo tende a vivere dei sentimenti più intensi di gelosia che non la donna, quando si sospetta un’infedeltà sessuale, mentre la donna si sente più minacciata, quando il suo partner si sente attratto da un’altra donna e spende con lei tempo e soldi. La moderna ricerca dimostra come questa “logica evolutiva” in relazione agli schemi di genere sessuale specifici alla gelosia, opera largamente in culture e paesi diversi: dalla Svezia alla Cina, dal Nord America e Olanda, al Giappone e Corea.

Il problema, naturalmente è che, molte reazioni istintive che avevano un significato evolutivo in tempi remoti, non hanno molto senso nel nostro mondo moderno. Ci sono oggi ,ad esempio, molte madri single che non necessitano o desiderano supporto finanziario – o anche emozionale – dai padri dei loro figli, che ancora oggi si ingelosiscono quando i loro ex-partner hanno attenzioni verso altre donne. La maggior parte degli uomini e delle donne soffrono di gelosia indipendentemente se hanno figli o programmano di averli. Come presenta lo psicologo evoluzionista nel suo acclamato“The evolution of Desire”, molti esseri umani associano meccanismi e risposte come fossero attuali “fossili viventi” forgiati dalle pressioni genetiche della nostra storia evolutiva.

Approfondendo, le radici genetiche della gelosia sono esattamente le stesse di quelle che sottostanno al desiderio di esclusività sessuale (o di possessività) che abbiamo chiamato “monogamia”. In contrasto all’uso convenzionale, comunque , il termine monogamo significa semplicemente “un coniuge” e non necessariamente concerne la fedeltà sessuale. In ogni evento, mentre la gelosia non è esclusività dei legami monogami (anche scambisti e poligami avvertono la gelosia), le origini della gelosia e della monogamia sono intimamente connesse nel nostro passato primitivo.

In verità, la psicologia evolutiva ce lo dice:la gelosia emerge come meccanismo di difesa sensibile contro il disastro geneticamente possibile di avere un partner sfuggito alla monogamia. Nelle antiche savane per le donne era imperativo assicurarsi un partner stabile che provvedesse al cibo e proteggesse i loro figli dai predatori, mentre per gli uomini era sicuro che non stavano investendo tempo ed energia per le progenie di qualcun altro. Ponendoci semplicemente da un punto di vista evolutivo, lo scopo principale della monogamia e della gelosia, è di provvedere all’inseminazione di DNA.

In un contesto di aspirazione spirituale, che punti ad una graduale scoperta e alla trasformazione di crescenti forme sottili di autocentratura, possiamo forse riconoscere che la gelosia, alla fine, serve come forma di egotismo che potremmo chiamare “egoismo genetico” – da non confondere con la teoria dell’”gene egoista” di Richard Dawkins, che riduce gli esseri umani allo stato di macchine viventi al servizio della replica genetica. L’egoismo genetico è così arcaico, pandemico, e profondamente immerso nella natura umana che invariabilmente non fa notizia tanto nella cultura contemporanea quanto nei circoli spirituali. Un esempio può aiutare a rivelare l’elusiva natura dell’egoismo genetico.

Nel film “Cinderella Man” un ufficiale della compagnia d’elettricità è sul punto di tagliare l’energia elettrica nella casa di tre bambini che potrebbero addirittura morire senza il riscaldamento – è un inverno a New York ai tempi della Grande Depressione. Quando la madre dei tre bambini si appella alla compassione dell’ufficiale, scongiurandolo di non togliere l’energia elettrica, egli risponde che i suoi bambini patiranno lo stesso destino se non farà il suo lavoro. Guardandomi intorno nella sala di proiezione, ho notato tanti tra gli spettatori, annuire con la testa in stato di commovente comprensione.

Possiamo tutti compatire la posizione dell’ufficiale. Dopotutto, chi non farebbe lo stesso in simili circostanze? Non è umanamente incontestabile e moralmente giustificabile favorire la sopravvivenza delle nostre progenie piuttosto che quella di altri? Dovendo salvare solo il nostro bambino, condanneremmo a morire tre o quattro bambini di qualcun altro? Il numero ha qualche significato in queste decisioni? In queste situazioni estreme, quale azione è più allineata con la compassione universale? Qualsiasi sforzo nell’ottenere una risposta generica a queste domande è probabilmente errato; ogni situazione concreta richiede un’attenta indagine del contesto, della varietà di prospettive, e dei sistemi di conoscenza. Il mio obbiettivo nel sollevare queste questioni non è quello di offrire delle soluzioni, ma soltanto trasmettere come tacitamente l’egoismo genetico, nella condizione umana, venga incarnato come “seconda natura”.

La discussione sulle stesse origini evolutive della gelosia e della monogamia solleva altre domande: la gelosia può davvero essere trasformata? Quale risposta emozionale può rimpiazzare la gelosia nell’esperienza umana? Come può influire la trasformazione della gelosia sulle nostre scelte relazionali?
Per mia conoscenza, contrariamente agli altri stati emozionali, la gelosia non ha opposti in qualsiasi linguaggio umano. E’ probabilmente per questo che la comunità di Kerista – un gruppo poligamo di San Francisco, sciolto nei primi anni novanta – ha coniato il termine “comparsione” riferendosi alla risposta emozionale opposta alla gelosia.

I Kerista definirono comparsione “il sentimento di portare gioia nella gioia degli altri che amano condividerla.” Da quando il termine emerse nel contesto della pratica della “polifedeltà” (per molti infedeltà), la gioia dei sensi vi fu inclusa, ma la comparsione veniva coltivata solo quando una persona amava i legami con tutto il gruppo annesso. Comunque, il sentimento di comparsione può essere esteso ad ogni situazione nella quale il nostro partner senta gioia emozionale-/sensuale per altri in modo sano e costruttivo. In queste situazioni possiamo gioire della gioia del nostro partner, sempre che ci teniamo nascosto il “terzo incomodo”.

Con l’esperienza, la comparsione può essere avvertita come una presenza tangibile nel cuore, il cui risveglio può accompagnarsi a onde di calore, piacere, e riconoscenza, all ’idea che il nostro partner ami altri e sia riamato in modo sano e reciprocamente benefico. In questa luce, suggerisco che la comparsione possa essere vista come una nuova estensione della gioia compassionevole nel regno delle relazioni intime e, in particolare, alle situazioni interpersonali che convenzionalmente rievocano sentimenti di gelosia.

Il lettore che conosce il Buddismo Vajrayana potrebbe chiedersi se si tratta semplicemente di un romanzo. La trasformazione della gelosia in gioia compassionevole non è forse stata descritta nella letteratura tantrica? Beh, sì e no. Nel Buddismo Vajrayana, la gelosia è considerata un’imperfezione (klesha) di attaccamento legato all’egocentrismo che si è trasmutato in gioia compassionevole, equanimità, e saggezza dal Signore del Karma, Amoghasiddhi, uno dei cinque Buddha Dhyani (i Buddha visualizzati in meditazione). Dal suo corpo verde Amoghasiddhi emana la sua consorte, la dea Verde Tara che si dice abbia anche il potere di tramutare la gelosia in abilità a rimescolare la felicità altrui .

A prima vista, sembra come se gli dei e le dee verdi del panteon Buddista abbiano sconfitto il mostro dagli occhi verdi della gelosia. Analizzando meglio, comunque diventa chiaro che questa percezione necessita di correzioni. Il problema è che i termini buddisti tradotti come “gelosia – come issa (pali), phrag dog (tibetano), o irshya (sanscrito) – vanno letti con più precisione come “invidia”. Nelle varie descrizioni buddiste di “gelosia”, generalmente vi troviamo immagini di amarezza e risentimento verso la felicità, il talento, o fortuna, ma molto raramente, quasi mai di paura contratta e rabbia come risposta ad unioni emozionali o sessuali del partner verso altri.

Nel’Abhidhamma, ad esempio, la gelosia (issa) è considerata uno stato mentale immorale caratterizzato da sentimenti di scarsa accettazione verso il successo e la prosperità altrui. La descrizione del reame “dei gelosi” (asura-loka) supporta anche questa affermazione. Benché sia comunemente detta “gelosia”, gli asura dicono di essere invidiosi degli dei del regno dei cieli (devas) e posseduti da sentimenti di ambizione, odio, e paranoia.

Discutendo il mandala samsarico, Chögyam Trungpa scrive ne ”L’ordine nel caos “: “Non è esattamente gelosia, non esiste il termine appropriato nella lingua inglese. E’ un’attitudine paranoide di confronto piuttosto che vera gelosia… un senso di competizione. Sarebbe ovvio che tutte queste descrizioni si riferiscano all’”invidia” che il Dizionario d’Inglese di Oxford definisce come: “Sentirsi dispiaciuti e inermi alla superiorità altrui riguardo felicità, successo, reputazione o possesso di qualcosa di desiderabile” e non alla “gelosia” che è una risposta alla reale o immaginata minaccia di perdere il partner o che la relazione includa terzi. Da quando gli insegnamenti buddisti sulla gelosia furono indirizzati a monaci per i quali non era previsto che sviluppassero attaccamenti emozionali (persino quelli coinvolti in atti sessuali tantrici), la mancanza di riflesso sistematico nel Buddismo di gelosia romantica non fu certo una sorpresa.

Esploriamo adesso le conseguenze nel trasformare la gelosia nelle nostre relazioni intime. Segnalo che la trasformazione della gelosia nel coltivare la gioia compassionevole rafforza il risveglio del cuore . Dissolvendosi la gelosia, la compassione universale e l’amore senza condizioni diventano più disponibili all’individuo. La compassione umana è universale nell’abbracciare tutti gli esseri senzienti, senza distinzioni. L’amore umano è anche onnicomprensivo ed incondizionato – un amore libero dalla tendenza al possesso e che non vuole niente in cambio.

Sebbene amare senza condizioni sia generalmente più facile nel caso d’amore fraterno e spirituale, segnalo come nel guarire lo strappo tra amore spirituale (agape) ed amore sensuale (eros), lo spiegarsi della gioia compassionevole a più ampie forme d’amore, ne diventi il suo naturale sviluppo. E quando l’amore incarnato si è emancipato dalla possessività, emerge organicamente una gamma più ricca di relazioni spiritualmente legittimate. Mentre le persone diventano più integre e libere da certe paure di base (es. abbandono, indegnità), si spalancano per l’amore incarnato delle nuove possibilità d’espressione, come sentimento naturale, sicuro e sano piuttosto che indesiderabile, minacciato, o moralmente discutibile.

Per esempio, una volta che la gelosia si trasforma in gioia compassionevole e l’amore sensuale e spirituale sono integrati, una coppia potrebbe sentirsi attirata ad estendere l’amore verso altri oltre la struttura del legame di coppia. In breve, una volta che la gelosia allenta la presa sul sé, l’amore umano può raggiungere una dimensione più ampia, incorporabile nella vita di ognuno, che può naturalmente portare all’attenzione verso connessioni intime più omogenee.

Anche se attenta ed aperta, l’inclusione di altre connessioni amorose nel contesto di un sodalizio può suscitare le due classiche obiezioni alla nonmonogamia (o poligamia): primo, in pratica non funziona,secondo, porta alla distruzione del rapporto. (Non ho qui considerato la profonda e radicata opposizione morale all’idea della poligamia legata all’eredità della Cristianità nell’Occidente.) Come obiezione, sebbene la poligamia maschile sia ancora prevalente nel mondo – su 853 culture umane conosciute, l’84 per cento permette la poligamia maschile – sembra innegabile che a parte qualche moderna eccezione che spinge verso una maggiore uguaglianza sessuale – i legami aperti non abbiano avuto molto successo.

Tuttavia lo stesso si potrebbe dire a proposito della monogamia. Dopotutto, la storia della monogamia è la storia dell’adulterio. Come ha scritto H.H. Munro, “ la monogamia è l’usanza occidentale di una moglie e raramente senza alcuna amante”. Valutando la disponibile evidenza, David Buss stima che approssimativamente dal 20 al 40 per cento delle donne americane e dal 30 al 50 per cento degli uomini americani, hanno almeno una relazione durante il matrimonio, “e recenti indagini suggeriscono che il caso che un membro di una coppia moderna commetta infedeltà durante il matrimonio può raggiungere il 76 per cento – numeri che aumentano ogni anno. Sebbene la maggior parte delle persone della nostra cultura si considerino – o credano di essere – monogami, indagini anonime rivelano che lo sono socialmente ma non biologicamente.

In altre parole, la monogamia sociale, in un sempre più significativo numero di coppie, maschera frequentemente la poligamia biologica. Nel suo “Anatomia di un amore” l’illustre antropologo Helen Fisher suggerisce che il desiderio umano per il sesso clandestino extraconiugale è geneticamente fondato sui vantaggi evolutivi nel procurarsi altri partner per ambo i sessi, nei tempi antichi: ulteriori opportunità per spargere DNA per gli uomini, ed ulteriore protezione e risorse ad acquisire sperma potenzialmente migliore per le femmine.

Può anche essere importante notare che il paradigma prevalente nelle relazioni del moderno occidente non è più la monogamia a vita (finché morte non ci separi) ma una monogamia seriale (molti partner in sequenza), spesso costellata da adulterio. La monogamia seriale con adulterio clandestino è in molti punti non tanto diversa dalla poligamia, escluso forse il fatto che il secondo è più onesto, etico, e convincentemente meno dannoso . In questo contesto l’attenta esplorazione della poligamia (praticata con piena cognizione ed approvazione di tutto ciò che concerne) può aiutare ad alleviare la sofferenza causata dall’incredibile numero di relazioni clandestine nella nostra cultura moderna.

Inoltre, potrebbe essere poco saggio trascurare uno sviluppo culturale potenzialmente emancipatorio poiché le sue prime manifestazioni non sono riuscite perfettamente. Riguardando la storia dei movimenti di emancipazione nell’occidente – dal femminismo all’abolizione degli schiavi, alla conquista dei diritti civili da parte degli americani-africani – possiamo osservarle come le prime ondate del prometeo impulso che frequentemente porta problemi e distorsioni che solo più tardi saranno riconosciuti e risolti.

Questo non è il luogo per esaminare la sua storica evidenza, ma congedare la poligamia per i suoi precedenti fallimenti può equivalere all’aver scritto contro il femminismo nei luoghi ove le prime mogli fallirono nel reclamare i valori genuini della femminilità o delle donne libere dal patriarcato (diventando mascoline “superdonne” capaci di avere successo in un mondo patriarcale).

Ma aspettate un attimo. Le relazioni diadiche sono già abbastanza difficili. Perché complicarle ulteriormente aggiungendo altre parti all’equazione? Risposta: da un punto di vista spirituale, una relazione intima può essere vista come una struttura attraverso la quale gli esseri umani possono imparare ad esprimere e ricevere amore in diverse forme. Sebbene esiterei a considerare la poligamia più spirituale ed evoluta della monogamia, è chiaro che se una persona non ha imparato le lezioni e le sfide della struttura diadica, lui o lei non sarà pronto a portare quelle sfide in forme più complesse di relazioni. Dunque l’obiezione di impraticabilità può essere valida in molti casi.

La seconda tipica obiezione alla poligamia è che risulta nella dissoluzione del vincolo della coppia. La ragione è che il contatto intimo con altri aumenta le possibilità che un membro della coppia abbandoni l’altro e fugga col partner più attraente. La faccenda è comprensibile, ma di fatto la gente che ha relazioni, si innamora e abbandona il partner nel contesto dei voti monogami. Come abbiamo visto l’adulterio va di pari passo con la monogamia, e la monogamia a vita è stata spesso rimpiazzata con la monogamia seriale ( o poligamia sequenziale) nella nostra cultura.

Tra parentesi, i voti di una vita monogama creano spesso aspettative irrealistiche che aggiungono sofferenza al dolore implicato prodotto da una relazione al termine – e si potrebbero quasi sollevare questioni riguardo la bontà dei bisogni psicologici di sicurezza e garanzia che tali voti normalmente incontrano. In ogni caso, sebbene possa suonare non intuitivo all’inizio, la minaccia di abbandono può essere ridotta nella poligamia, dato che il legame d’amore che il nostro partner può sviluppare con un’altra persona, non necessariamente significa che lui o lei debbano scegliere tra loro e noi (o mentirci).

In modo più positivo, le nuove qualità e passioni che le nuove connessioni intime riescono a risvegliare dentro una persona possono anche apportare un rinnovato senso di dinamismo creativo alla vita emozionale/sessuale della coppia, la cui frequente stasi dopo tre quattro anni (sette in alcuni casi) è la causa principale delle relazioni clandestine e di separazioni. Come dimostrano recenti studi, il numero di coppie che oltrepassano il cosiddetto prurito dal quarto al settimo anno, decresce ogni anno.

Un’attenta poligamia può anche offrire un’alternativa alla solita inesauribile natura della tipica monogamia seriale in quelle persone che cambiano partner spesso negli anni, beneficiando di profondità emozionali e spirituali che può essere dato solo da un legame stabile con un altro essere umano. In un contesto di crescita psicospirituale, solo l’esplorazione può creare opportunità uniche allo sviluppo della maturità emozionale, la trasmutazione della gelosia in gioia compassionevole, l’emancipazione dell’amore incarnato dalla possessività e dall’esclusività, e l’integrazione tra amore dei sensi e spirituale.

Come sosteneva il mistico cristiano Riccardo di St. Victor , l’amore maturo tra l’amante e l’amato si estende naturalmente aldilà di se stesso verso una terza realtà, e questa apertura, sostengo, potrebbe essere in alcuni casi cruciale sia a superare tendenze coodipendenti che a migliorare la salute, la vitalità creativa, e forse anche la longevità delle relazioni intime.

Evidenzio le obiezioni alla poligamia poiché la monogamia per tutta la vita o quella seriale (insieme al celibato) sono ampiamente considerati gli unici o i più “spiritualmente corretti” stili di relazione nel moderno occidente. In aggiunta alle prescrizioni cristiane di una vita monogama, molti influenti maestri buddisti contemporanei in occidente fanno simili raccomandazioni. Consideriamo, per esempio, la lettura del precetto buddista del “trattenersi da una cattiva condotta sessuale” di Thich Nhat Hanh. Originariamente questo precetto significava, per i monaci, di evitare di intraprendere qualsiasi atto sessuale e, per i laici di non impegnarsi in “inappropriati” comportamenti sessuali che avessero a che fare con specifiche parti del corpo, luoghi e tempi.

In “In futuro sarà possibile”, Thich Nhat Hanh spiega che i monaci del suo ordine seguono le regole del celibato tradizionale per usare l’energia sessuale come catalizzatore per aprire un varco spirituale. Per i praticanti laici comunque, Thich Nhat Hanh legge i precetti come modo per evitare tutti i contatti umani a meno che non siano nel contesto di un “impegno a lungo termine tra due persone”, poiché c’è incompatibilità tra amore e sesso causale (il matrimonio monogamo è una pratica comune per i laici del suo ordine).

In questa lettura, Thich Nhat Hanh reinterpreta i precetti buddisti come prescrizione per monogamia a lungo termine, escludendo la possibilità non solo di sane relazioni poligame, ma anche di intimi incontri spiritualmente edificanti (è importante notare, comunque che , “impegno a lungo termine” non equivale a monogamia, poiché è perfettamente fattibile considerare un impegno a lungo termine con più di un partner intimi.)

Ne “L’arte della felicità”, il Dalai Lama presuppone una struttura monogama come contenitore per il sesso appropriato nelle relazioni intime. Poiché la riproduzione è il fine biologico delle relazioni sessuali, ci dice, l’impegno a lungo termine e la sessualità esclusiva sono desiderabili per la salute delle relazioni d’amore.

Nonostante il grande rispetto che nutro nei confronti di questi ed altri maestri buddisti che parlano in modo simile, devo confessare la mia perplessità. Queste valutazioni d’espressione di sesso appropriato, divenute linee guida d’influenza per molti buddisti occidentali contemporanei, sono spesso offerte ad individui celibi la cui esperienza sessuale è limitata, se non quasi inesistente. Se c’è qualcosa che abbiamo imparato dallo sviluppo psicologico, è che un individuo ha bisogno di realizzare diversi “lavori di sviluppo” per ottenere competenza (e buonsenso) in vari contesti: cognitivi, emozionali, sessuali, e così via.

Spesso, quando offerti con le migliori intenzioni, i consigli offrono aspetti della vita nei quali non si è realizzata una competenza di sviluppo come nella diretta esperienza, e saranno illusori e discutibili. Quando questi consigli sono offerti da figure culturalmente venerate come autorità spirituali, la situazione può divenire ancora più problematica.
C’è di più, nel contesto della prassi spirituale, che queste asserzioni possano argutamente essere viste come incongruenti rispetto all’enfasi data alla diretta conoscenza, caratteristica del Buddismo.

Vale la pena ricordare che il Buddha stesso incoraggiava la poligamia piuttosto che la monogamia in certi casi. Nello Jakata (storie sulle incarnazioni precedenti del Buddha), un bramino chiede al Buddha dei consigli a proposito di quattro pretendenti che corteggiavano le sue quattro figlie. Dice il bramino: “Uno è bello e forte, un altro è un po’avanti negli anni, il terzo un uomo di nobile famiglia, e il quarto è buono.”
“Ci saranno sempre bellezza e buone qualità”, rispose il Buddha, “un uomo va disdegnato se scarseggia in virtù. Quindi la forma non è la misura di un uomo, quelle che mi piacciono sono le virtù”. Ascoltato ciò, il bramino donò tutte le sorelle al virtuoso pretendente.

Come illustrano i consigli del Buddha, diverse forme di relazioni possono considerarsi spiritualmente sane (nel significato buddista di guida alla liberazione) accordandosi a varie caratteristiche umane e situazioni. Storicamente, il Buddismo ha sempre fortemente considerato lo stile di un legame in modo più integrale di altri per i laici ed è stato incline a supportare diversi stili di relazione a seconda dei fattori culturali e karmici.

Dalla prospettiva buddista degli abili mezzi (upaya) e della natura salvifica della sua etica, ne consegue che la chiave etica che valuta l’appropriatezza di ogni intima connessione – potrebbe non essere la sua forma, ma piuttosto la sua forza nello sradicare la sofferenza da sè e dagli altri. Credo che oggigiorno ci sia tanto da imparare dagli approcci non dogmatici e pragmatici del buddismo storico verso le relazioni intime, un approccio che non era collegato a nessuna specifica struttura di relazione ma era guidato essenzialmente da una enfasi radicale verso la liberazione.

Come si sa, il Giudaismo permetteva e spesso incoraggiava la poligamia maschile, per secoli sino a Rabbeinu Gershom (c.960-1028) con l’emanazione di un editto contro lo sposare più di una moglie, a meno che non fosse permesso per motivi speciali da almeno 100 rabbini di tre diverse regioni. In maniera interessante, come spiega Rav Yaakov Emden, la ragione del divieto non fu morale ma sociale. L’editto era una reazione al pericolo che poteva portare agli ebrei nell’avere più di una moglie, in un’Europa sempre più dominata dalla Cristianità, che stava tentando di abolire dal 600 D.C. al 900 D.C.

In breve, lo scopo dell’editto era proteggere il popolo ebraico dall’essere attaccato o massacrato dai Cristiani fondamentalisti pieni di risentimento. Inoltre, in accordo con le autorità, il divieto si supponeva avesse validità sino alla fine del quinto millennio del calendario ebraico, così non ha mai avuto la forza di un divieto sino all’anno 1240 D.C., sebbene continuasse come costume in molti posti. (Originariamente, la proibizione fu limitata geograficamente a certe regioni e paesi europei.)

Se la Torah e la legge biblica permetteva la poligamia, se la logica per la proibizione era contestuale, e se la validità della proibizione fu considerata solo sino alla fine dell’anno 1240 D.C.,dopo, per l’attuale osservazione del rabbino Cherem Gershom, sembrò ingiustificata. Naturalmente, alla luce della moderna ricostruzione del Giudaismo attuata dal rabbino Michael Lerner ed altri, gli Ebrei contemporanei possono guardare all’adesione tradizionale della poligamia e alla proibizione di quella femminile, come un costume “sessista” dell’antico Giudaismo e, conseguentemente poter voler esplorare creativamente ulteriori forme egualitarie di poligamia.

Per varie ragioni storiche ed evolutive, la poligamia ha un “letto a torchio” nella cultura occidentale e nei circoli spirituali – essendo automaticamente legati, per esempio, alla promiscuità, l’irresponsabilità, l’inaffidabilità e spesso l’edonismo narcisistico. Aperta la crisi corrente della monogamia nella nostra cultura, si potrebbe comunque valutare di esplorare seriamente il potenziale sociale di forme responsabili di nonmonogamia. E rivelato il potenziale spirituale di tale esplorazione, potrebbe essere anche importante espandere la portata delle scelte relazionali spiritualmente legittimate che come individui possiamo creare in diversi nodi karmici della nostra vita.

Spero che questo saggio spalanchi vie di dialogo e di ricerca nei circoli spirituali a proposito della trasformazione delle relazioni intime. Spero anche che contribuisca all’estensione delle virtù spirituali, come la gioia compassionevole, verso tutte le aree della vita, in particolare a coloro che per ragioni storiche, culturali e forse evolutive, sono stati tradizionalmente esclusi o non hanno considerato temi quali la sessualità e l’amore romantico.

L’opinione culturalmente prevalente – supportata da molti maestri spirituali contemporanei – che le uniche opzioni sessuali spiritualmente corrette siano il celibato o la monogamia è un mito che può causare sofferenza superflua e che sia necessario, quindi, che tale bisogno sia messo a riposo. E’ perfettamente plausibile sostenere simultaneamente più di un amante o legame sessuale in un contesto di attenzione ,integrità etica, e crescita spirituale, per esempio, lavorando alla trasformazione della gelosia in gioia compassionevole e all’integrazione di amore sensuale e spirituale.

Aggiungerei giustamente che, in ultimo, credo che la più alta espressione di libertà spirituale nelle relazioni intime, non si nasconde in pignole rigorosità verso un particolare stile di vita – sia monogamo che poligamo – ma piuttosto in una radicale apertura al dinamico svelarsi della vita che elude una struttura fissa o predeterminata delle relazioni. Sarebbe ovvio, per esempio, che si possa seguire uno stile specifico di legame come di “giusto” (che accresce la vita) o “sbagliato” (basato sulla paura); tutti questi stili di relazione possono ugualmente limitare le ideologie spirituali; e le diverse condizioni interne ed esterne ci possono richiamare ad intraprendere diversi stili di relazione in varie circostanze della vita.

E’ in questo spazio aperto catalizzato dal movimento oltre la poligamia e la monogamia, io credo che possa emergere una posizione esistenziale profondamente armonizzata alla visuale dello Spirito. Nonostante ciò, accrescendo la consapevolezza delle nostre origini, soprattutto quelle arcaiche, la natura degli impulsi evolutivi che dirige la nostra risposta sessuale/emozionale e le scelte relazionali possono autorizzarci a creare consapevolmente un futuro nelle quali forme espanse di libertà spirituale possono avere una maggiore opportunità per sbocciare.

Chissà, forse estendendo la pratica spirituale alle relazioni intime, nuovi petali di liberazione sboccerebbero non emancipando solo le nostre menti, i nostri cuori e la consapevolezza, ma anche i nostri corpi ed il mondo istintuale. Possiamo intravedere un “voto integrale di bodhisattva” in cui la mente consapevole rinunci alla piena liberazione finché il corpo ed il mondo primario possano essere completamente liberi?

L’articolo è stato originariamemte pubblicato su Tikkun: Culture, Spirituality, Politics (2007, Jan/Feb), pp. 37-43, 60-62