Come promesso, ecco il post sulla rinomata località della Costa d’Argento dove mi piacerebbe trascorrere le vacanze; con questo tempaccio brutto l’estate sembra un miraggio lontano in un deserto di noia! 😦 Piove, piove, piove,  non smette mai!!! E oggi, da diversi punti di vista, non è proprio giornata…Mi permetto di viaggiare con la mente, di sognare un po’, di evadere con il pensiero…Immagino di essere già in estate, immersa nel sole e con il cuore traboccante di mare…Basta concentrarsi, far emigrare il pensiero dalla testa, chiudere le tende e non guardare fuori, per non vedere la depressione climatica di questi giorni…

Capalbio è una località turistica molto rinomata, si affaccia sulla lunga Costa d’Argento, conosciuta per il mare pulito e trasparente; Capalbio è situato su una collina della Maremma Toscana ed ha molti luoghi da visitare tra cui il borgo antico e le Tombe Etrusche.

Mare  e relax Il mare di Capalbio  ha una costa lunga una decina di chilometri e ben consevata, grazie alla vicina oasi del W.W.F. del Lago di Burano e grazie anche ai pochi accessi al mare che permettono un’entrata limitata dei visitatori. Il mare è trasparente e la natura è rigogliosa poiché è presente la macchia mediterranea che in questi posti è caratterizzata da alberi di ginepro. La spiaggia libera è molto vasta, ma ci sono anche stabilimenti attrezzati con vari servizi come ristoranti, giochi per bambini, massaggi, e anche parecchi eventi di vario tipo.
La spiaggia di Capalbio ha numerose spiaggette nelle vicinanze, tutte molto graziose ma non sono sempre facilmente raggiungibili, alcune insenature di questa costa frastagliata sono infatti accessibili solo in barca.

Eventi estivi
Per la sera c’è la possibilità di assistere anche a molti eventi organizzati sia a Capalbio che nelle vicinanze.
-Nel centro del Borgo medievale di Capalbio, dal 22 Giugno al 1 Luglio, in rassegna una selezione di cortometraggi, dal meglio della produzione internazionale, per saperne di più potete visitare il sito Capalbio Cinema.
-In Agosto invece, dal 9 al 18, si rinnova l’appuntamento estivo con Festambiente, il festival della natura e del buon vivere promosso da Legambiente. Nella splendida cornice del Parco Naturale della Maremma, ci sono dieci giorni di eventi tra musica, cinema, spettacoli e teatro.

Nel dettaglio…

Superficie – 108,60 kmq.
Altitudine del capoluogo – 217 m s.l.m.
Abitanti – 3.912
Monumenti – Mura castellane, chiesa del ‘300, chiesa della Provvidenza (affresco di scuola del perugino)
Festività – 2° domenica di settembre e 20 maggio (S.Bernardino).
Frazioni e località – Capalbio scalo, Borgo Carige, Chiarone, La Torba, Pescia Fiorentina, Vallerana

Bisogna andare da Grosseto sull’Aurelia fin oltre Orbetello, e poi imboccare sulla sinistra una strada asfaltata che si fa largo fra colline ricoperte ancora di una folta macchia: quando è trascorsa un’oretta di auto, procedendo di andatura onesta, si arriva a Capalbio. Laconica, ma in neretto, la notizia che apparve sui quotidiani in cronaca locale. “Sulla Gazzetta Ufficiale del 1° settembre 1960, è sancita l’erezione di Capalbio a capoluogo del Comune omonimo”. Chi ne ha fatto le spese, è stato il territorio di Orbetello, ma era un fatto inevitabile. In effetti, il nostro paese è fra i più periferici della provincia e provvede largamente a se stesso: un po’ per la modesta densità di popolazione, un po’ per la fiorente agricoltura. Alle risorse agricole, si unisce poi la presenza di una riserva di caccia molto estesa, che venne istituita, ormai diversi anni fa, dall’Ente Turismo di Grosseto.

Si tratta quasi di un piccolo parco di flora e fauna maremmana: cinghiali e lepri, caprioli e fagiani, roditori e insettivori diversi, in un ambiente floristico tipicamente mediterraneo, non vi fanno mai difetto.

Il Paese

Il villaggio vero e proprio non è che un antico castello, provvisto ancora di spalti con feritoie, di piccole ma severe abitazioni con bifore in pietra. Una chiesetta di stile romanico, reca alle pareti diversi affreschi restaurati; una torre, per disegno e costruzione, ricorda un angolo di Arcidosso. Nelle mura quattrocentesche si conservano bene stemmi dell’epoca, e targhe medicee del Seicento. Tutto intorno al paese, che sorge secondo il solito schema medioevale al di sopra di un cucuzzolo, è un terreno collinare, ferrettizzato e calcareo, dove allignano bene ulivi e lentisco, volpi ed altri animali da preda. Non fosse che per il suo aspetto, simile a quello di pochi altri villaggi toscani, Capalbio meritava dunque un trattamento di riguardo anche dal punto di vista amministrativo.
Parzialmente, sotto l’incalzare dell’appoderamento, delle bonifiche e delle altre forme di intensificazione dell’agricoltura, il paesaggio va un po’ modificandosi: ma c’è da giurare che anche fra un secolo gli stessi boschi che videro intenti alla caccia gli Orsini, armati di frecce e di picche, vedranno gli altri uomini tendere agguati al cinghiale, provvisti magari di pistole al plutonio e a raggi cosmici.

 LA STORIA

Un assetto urbanistico tipico dei borghi medioevali

Il paese ha i connotati e presenta un assetto urbanistico tipico dei borghi medioevali. Il più antico documento che cita Capalbio è la bolla Leonino Carolingia, con la quale Carlo Magno donava il Castello dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Alcuni studiosi sostengono invece che il paese era abitato fin dalla più remota antichità, lo conferma anche il ritrovamento di tombe dell’età del bronzo e arcaiche. Dall’805 il paese ha seguito le vicende del patrimonio dell’Abbazia delle Tre Fontane.

 Agli inizi del 1300 il Castello era sottoposto al dominio di una famiglia signorile locale,  che nel 1305 si alleò con gli orvietani contro gli Aldobrandeschi di Santa Fiora e i Baschi di Monte Merano. Venuta meno l’autorità politica degli orvietani, Capalbio fu concessa dagli Aldobrandeschi di Santa Fiora alla regione di Siena tra il 1339 e il 1345, ma cadde in seguito sotto il dominio degli Orsini. Intorno al 1400 venne definitivamente conquistata dai senesi; da questo periodo risalgono i cimeli più interessanti ed artistici del paese. Nel 1555 le truppe spagnole conquistarono Capalbio e, da questo momento, iniziò la decadenza economica e demografica del paese. 

   Il passaggio successivo del Granducato di Toscana dei Medici ai Lorena, segnò per Capalbio la perdita dell’autonomia amministrativa. In questo periodo di disastrosa situazione sociale, si aggiunse anche la piaga del banditismo che terrorizzava la Maremma. Ancora oggi si rammentano i nomi dei famosi briganti che spadroneggiavano nelle contrade trovando poi rifugio nelle macchie impenetrabili; uno di questi è Domenico Tiburzi, che ha legato parte della sua storia a questo paese.

IL BORGO MEDIOEVALE

Il Castello di Tricosto, comunemente detto “Capalbiaccio”

Non si può parlare della storia di Capalbio senza accennare al castello più antico di Tricosto, oggi detto comunemente Capalbiaccio, di cui avanzano le rovine sul colle sito a nord-ovest. All’interno della struttura è tuttora custodito il famoso “pianoforte di Puccini “, costruito da Conrad Graf (nato a Riedlingen, Germania, 1782), risalente, così come indica il numero di serie, ai primi mesi dell’anno 1823.

I suoi strumenti erano famosi per la loro eccezionale stabilità e solidità e, nonostante la loro struttura fosse completamente in legno,  raramente sono state rilevate crepe, distorsioni o scollamenti. Insieme allo strumento op. 184,  il pianoforte “di Puccini” è l’unico con un’estensione di sei ottave, l’incortatura è tripla ed è dotato di una meccanica di concezione ancora settecentesca.

LE CHIESE

I suggestivi luoghi di culto.

A Capalbio sono rimaste due sole chiese, ma entrambe possiedono dei preziosi dipinti di vero e incontestabile valore. Nell’antico castello, ai piedi del torrione, sorge la chiesa di San Nicola. Sul fianco destro della chiesa si eleva la torre campanaria, le cui bifore permettono di datarla al 12° secolo. Nel 1919, il campanile fu riparato e la piccola torre con cupola di stile senese  fu sostituita da una piramide di mattoni intonacata.

La pianta della chiesa è rettangolare, con un’ unica navata che termina in un abside a pianta anch’essa rettangolare. Ai lati della navata si aprono cappelle poco profonde, non comunicanti tra loro e terminanti con arcate a tutto sesto. L’ultima parte della navata e il vano con finestra poggiano su di una singolare costruzione aperta all’estremità, detta “Arco Santo”.  L’estremità ovest dell’Arco Santo è sorretta da un capitello romanico. Le colonne, incassate a metà, dividono l’una dall’altra le cappellette laterali. I capitelli romanici sono decorati da simboli quali racemi di uva, palmette, rosette, foglie stilizzate e, su di un capitello, si notano anche figure di animali, un’ aquila e una leonessa in atto di ruggire, secondo moduli che si ritrovano con una certa frequenza nelle chiese romaniche della campagna toscana e possono essere attribuiti al 12° secolo. Il luogo è particolarmente suggestivo grazie ai numerosi affreschi delle pareti: di “scuola senese” (1300) nelle cappelle di sinistra e di “scuola umbra” (1400) nelle cappelle di destra.

Spiagge

Capalbio offre al turista una fantastica spiaggia lunga ben 12 km di cui la metà sono formati da spiagge libere. La particolarità di questa spiaggia è che, a seconda del tratto di costa in cui siamo, potremmo vedere sia una candida sabbia di colore chiaro che sabbia ferrosa di colore scuro. Il mare si caratterizza per la sua limpidezza, per i suoi meravigliosi colori e per le sue particolari sfumature.

Spiaggia di Chiarone: è situata presso la frazione omonima, all’estremità meridionale del tombolo di Burano, pochi chilometri a sud della Laguna di Orbetello. Si tratta di una bella spiaggia di sabbia dorata caratterizzata da un litorale lungo e molto profondo, ben attrezzato e ricco di servizi turistici. Il mare è ovunque molto bello, azzurro, cristallino e limpido, con fondali sabbiosi e digradanti, ideale per nuotare e fare il bagno.

Approvata da Legambiente! Da tutti i punti di vista, Capalbio è una località da 5 vele perché soddisfa tutti i criteri che la rendono una perla del mare, ovvero: la pulizia delle spiagge e del mare, la presenza di una larga fetta di territorio incontaminato, la qualità dell’aria e dell’acqua, i servizi ben curati e di alto livello, la notevole sostenibilità ambientale, il patrimonio storico-culturale ricchissimo, ben gestito e valorizzato, la particolare attenzione ai disabili, nel rispetto delle barriere architettoniche.

Giudizio complessivo: 5 vele Qualità ambientale: 4 stelle Qualità servizi di accoglienza: 4 petali Albero: Questo comune ha svolto iniziative per la migliorare la sostenibilità ambientale Onde: Mare pulito e buoni servizi Castello: presenza di luoghi o iniziative di interesse culturale Presenza di servizi per disabili

I DINTORNI

I meravigliosi scenari naturali intorno a Capalbio

Lago di Burano: Situato lungo la costa tirrenica nel Comune di Capalbio, il Lago di Burano si estende parallelamente al mare da cui è separato da uno stretto tombolo. Estesa per 300 ettari circa la Riserva è stata creata nel 1967, quando il WWF prese in affitto la tenuta del lago di Burano allo scopo di offrire un tranquillo luogo di sosta per gli uccelli migratori. Tra il tombolo ed il lago si sono formati alcuni specchi d’acqua denominati “chiari”, mentre nella zona più interna si estendono campi coltivati, talvolta allagati.
Nel lago e negli stagni crescono molte piante igrofite e fitti canneti dove trovano rifugio numerosi uccelli acquatici: mestoloni, marzaiole, alzavole, moriglioni, morette, folaghe, aironi, fenicotteri, cormorani, cavalieri d’Italia, oche selvatiche, ecc. Ricca è anche la fauna ittica, che comprende cefali, spigole, orate e anguille. Sulle dune sabbiose sono presenti il giglio di mare, la santolina e l’eringio marittimo. Nella macchia, tipica boscaglia sempreverde mediterranea, vivono mammiferi come la donnola, i ricci, le istrici, i tassi, le volpi. Per una migliore fruibilità dell’Oasi sono stati creati alcuni percorsi-natura, lungo i quali sono situati capanni di osservazione, un orto botanico, un acquario.

capalbio italy

Ed inoltre…

Capalbio si trova nella zona più a sud della costa grossetana, tanto che il suo comune confina con la provincia di Roma, ed è quindi l’ultimo lembo della Maremma Toscana. Si tratta di un piccolo borgo medioevale che è riuscito a conservare tutta la sua tranquillità.

Panoramica di Capalbio

Ambiente e territorio

Il paese si trova a circa 200 metri dal mare, su di una piccola collina. La zona in cui si trova è abbastanza isolata, e circondata solo da macchia mediterranea: il borgo conserva intatto il suo aspetto tranquillo ma selvaggio. I centri abitati qui intorno sono rari a causa del fatto che per secoli la zona è stata infestata dalla malaria e quindi deserta. Quindi la macchia si estende tutto intorno, dal litorale fino all’entroterra. Vicino al mare prevale la macchia, ricca di ginestre, timo camomilla ed eucalipto, mentre nell’area più interna la terra è coltivata. Prevalentemente si coltivano frumento, mais, e ortaggi, ma sopratutto viti ed ulivi; è molto sviluppato anche l’allevamento dei bovini. Si possono trovare querce e lecci, e gli ulivi circondano questa terra incontaminata. La fauna è tipicamente appenninica, con cinghiali, daini, lepri e molte varietà di uccelli. Siamo a soli 7 km dalla trafficatissima Via Aurelia.
Dall’alto del paese si domina tutta la zona, da una parte verso il Lazio e dall’altra si può vedere l’Argentario, tutta la Maremma e il mare. Le spiagge sono bianche e morbide, ricche di minerali tanto da brillare alla luce del sole. C’è anche il lago salato di Burano, che per via della scarsa profondità del fondale è popolato di anatre tuffatrici come le morette, le canapiglie e i moriglioni; si può avvistare anche il cormano e il falco di palude.
In quest’area, solitamente vicino alle piante di corbezzolo, vive anche un particolare tipo di farfalla, la charaxes jasius, chiamata comunemente ninfa del corbezzolo. Si tratta di una delle più belle e grandi farfalle presenti in Italia, dai toni aranciati e riflessi verdi, attraversate da una striscia argentata, oltre a guarnizioni rosse e bianche, con le ali che hanno due code. Ormai moltissime varietà di farfalle, oltre a quelle di questo tipo, sono diventate rare; negli ultimi venti anni se ne sono estinte ben il venticinque percento.
Davanti a Capalbio c’è la Riserva di Burano, e sempre a poca distanza si trovano il Parco della Feniglia e l’Oasi di Orbetello, tutti entro solo 15 km di costa.
Piazza Magenta a Capalbio
(Foto www.capalbio.it)

Storia ed archeologia

Questa zona era già abitata dagli Etruschi, anche se in seguito fu scarsamente popolata a causa della malaria che infestava l’area.Sono stati inoltre ritrovati moltissimi resti di ville e fortificazioni romane.
Il nome probabilmente deriva da caput album o campus album, per l’alabastro bianco che caratterizza questo luogo. Il castello è uno dei più antichi d’Italia e risale addirittura all’VIII sec. dopo Cristo.In questo periodo, per paura di incursioni nemiche, i borghi vengono racchiusi in rocche; quindi le potenti famiglie feudali trasformano i castelli in fortilizi, per potersi meglio difendere dagli assalti.Agli inizi del XVI secolo finalmente cominciarono a sorgere edifici anche fuori le mura. Nella romanica pieve di San Nicola sono presenti affreschi tardo gotici.La torre che invece si innalza vicino al lago di Burano è una splendida e massiccia torre seicentesca, costruita dagli spagnoli che occuparono queste terre in quel periodo. Il comune passò quindi in mano ai Medici, che cercarono di risanare il territorio dalla malaria, impiantando pinete e proteggendo i querceti presenti. Tuttavia dopo pochi anni la popolazione andava diminuendo e il borgo quasi scomparve. A metà del Settecento Pietro Leopoldo di Lorena cercò di continuare l’opera che era stata dei Medici, inviando a verificare le condizioni di queste terre il gesuita Ximenes. Nonostante le pessime condizioni dell’area i Lorena decisero di bonificare la zona, prosciugando le paludi e rendendo coltivabili vasti terreni. La bonifica continuò con Leopoldo II; infine dopo l’annessione al Regno d’Italia si cominciò a chiudere la foce del lago di Burano, per cercare di evitare il paludismo.Il risultato fu che Capalbio era ancora una delle zone più insalubri della Maremma.Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale si riuscì a risanare il territorio, grazie all’opera dell’Ente Maremma che si occupò della bonifica, del frazionamento e dell’assegnazione dei terreni in seguito ad un decreto ministeriale.Nel 1960 divenne un comune autonomo, staccandosi da quello di Orbetello da cui era stato precedentemente amministrato.

Enogastronomia

Capalbio è vissuto da sempre di caccia e pesca, tanto che ancora sono presenti diverse sagre che ne testimoniano la tradizione gastronomica; le principali sono quelle del cinghiale, del pesce e delle lumache, che si svolgono tutte in periodo estivo.
Salendo per la strada che porta al paese è possibile acquistare e bere vino; una delle migliori produzioni di questo territorio è il vino bianco Ansonaco.

Immensa voglia di Tirreno…E di Maremma!!!

Argentario:

è un alto promontorio davanti all’Isola del Giglio; con questo toponimo però si intende un vasto tratto della costa maremmana, che comprende anche Giannutri e l’isola del Giglio, e si estende fino alle coste laziali.

Ambiente e territorio

Questa zona è prevalentemente rocciosa, coperta da macchia mediterranea e da coltivazione. In questo territorio si trovano ambienti contrastanti, come spiagge sabbiose e rocciose, pinete e lagune.In tempi remoti, era un’isola che fu poi collegata alla terraferma da due strisce di sabbia e terra ricoperte di vegetazione, a causa delle correnti marine e dei depositi del fiume Albegna: i tomboli della Giannella a nord e quelli della Feniglia a sud.In mezzo si trova la laguna, denominata di Levante o di Ponente a seconda della zona. La parte indicata come di Levante è una zona con acque più profonde e meno salate, mentre quella di Ponente è un ambiente prevalentemente palustre; questa tratto è collegato alla terraferma da un argine artificiale che venne costruito per collegare Orbetello con i centri dell’Argentario.
Proprio sulla zona della Feniglia si trova la Riserva Naturale Forestale di protezione della duna di Feniglia; nata nel 1971, si tratta di una collina di circa 500 ettari gradualmente rimboscata dall’Amministrazione forestale con pini mediterranei, prevalentemente di tipo domestico. Questo rinverdimento della zona ha permesso di fissare bene il terreno e di proteggere l’entroterra dai venti marini.La zona più a nord, più vicina ad Orbetello, è quella tipicamente palustre in cui si possono osservare moltissime varietà di uccelli; questa zona ha un’estensione di circa 800 ettari ed è provvisto di attrezzature come torrette di osservazione, osservatori e sentieri.
Inoltre recentemente la zona è diventata un Parco Nazionale, che ha come prima ricchezza rari esemplari di fenicottero e spatola che vivono nei canneti della laguna.
La cima più alta del promontorio è Monte Telegrafo, che tocca appena i 635m.La zona è adatta alla coltivazione di grano, viti e ulivi; inoltre la pesca è un’attività molto produttiva. Il sottosuolo è ricco di minerali come pirite, ematite e ossido di manganese.
Il clima è tipicamente mediterraneo, molto umido d’estate e con scarse precipitazioni, solitamente concentrate nel periodo autunnale e in primavera; perciò è particolarmente favorevole alla coltivazione di grano e legumi, ma soprattutto di ulivi e viti.

Storia ed archeologia

L’origine del nome Argentarius è incerta: alcuni affermano che derivi dallo splendore di alcuni giacimenti di cristalli di mica rinvenuti nelle cime del promontorio, mentre altri credono che discenda dall’attività svolta dalla gens Domizia che era proprietaria del luogo e vi svolgeva l’ufficio di argentarii appunto, o banchiere. Tuttavia, quale che sia la sua origine, il toponimo è molto antico: possiamo leggerlo già negli scritti di Rutilio Namaziano, autore vissuto nel V sec. dopo Cristo.
Questa zona comprende diversi antichi borghi; i più notevoli sono Porto Santo Stefano, Porto Sant’Ercole e le Grotte. Porto Santo Stefano è la località più importante, ed è la sede amministrativa del comune di Monte Argentario; inoltre da qui è possibile imbarcarsi per le isole del Giglio e di Giannutri. Port’Ercole invece si trova sulla costa orientale ed è un piccolo e pittoresco borgo abitato già in epoca romana; tuttavia i forti che dominano questo paese sono del Seicento, periodo in cui la costa era in mano agli Spagnoli. Sono molte le torri e i forti costruiti su questo promontorio in periodo spagnolo: oltre 10 torri e ben tre forti. Nella chiesa parrocchiale è sepolto il Caravaggio, che si spense a Cala Galera nel 1610, probabilmente a causa della malaria, che in quel periodo infestava ancora la zona.
Inizialmente era stata data l’etichetta di Costa d’Argento a questo litorale, ma la denominazione fu sanzionata dallo stato alcuni anni fa: tuttavia il toponimo di Argentario è rimasto, tanto che questa zona si chiama ancora così.Durante l’ultimo conflitto mondiale, a causa dei violenti bombardamenti, Porto Santo Stefano venne completamente distrutto per essere ricostruito solo anni dopo, insieme al lungomare. La ferrovia che collegava il promontorio ad Orbetello invece non è stata più ripristinata.

Enogastronomia

La cucina dell’Argentario si basa principalmente sui prodotti della pesca, oltre che sulle coltivazioni provenienti dalle zone terrazzate del promontorio; il pesce viene cucinato sia arrosto che crudo, bollito o in umido, principalmente con contorno di pomodorini. Tra i più utilizzati nella tradizione di quest’area c’è un tipo di pesce locale, saporito ma povero, chiamato “fica maschia”, che viene utilizzato principalmente essiccato.

Eventi e cultura

Nel 1937 è stato istituito il Palio Marinaro, che si svolge in Porto Santo Stefano il 15 di Agosto. I rioni del paese si affrontano in una gara in barca a remi, con equipaggi composti di quattro vogatori ed un timoniere.
Recentemente vi è stato istituito il CIMA, Concerti in Monte Argentario, un’importante manifestazione di musica classica che ha avuto risonanza internazionale ed è diventato uno dei più importanti festival d’Europa.

Gastronomia maremmana

Gli Etruschi e la gastronomia

La zona della Maremma è conosciuta per i suoi prodotti fin dai tempi degli Etruschi; questo popolo di mercanti controllava una zona importante, che comprende l’Umbria, la Toscana e l’alto Lazio, situata tra occidente ed oriente, e controllata dalle loro flotte. I prodotti che trattavano erano tutti beni di lusso, come vasi bicchieri e suppellettili, ma soprattutto l’olio, che accompagnava quasi tutti i piatti di questa cucina, e il vino delle colline maremmane.
Il vino etrusco era molto forte, quindi non poteva essere gustato senza aggiungere molta acqua. Una delle maggiori attività, infatti, era l’agricoltura: oltre all’olivo e alla vite erano presenti enormi coltivazioni di grano e farro, che rappresentavano gli alimenti di base, sotto forma di zuppe e pane. Inoltre venivano allevati bovini, anche se la carne bovina non era un piatto che era consumato spesso: gli animali servivano soprattutto per i lavori dei campi e per il latte, il cui uso era diffusissimo, e i formaggi; si allevavano anche ovini e suini. Si consumava più spesso la carne di selvaggina e dai resti che si sono trovati di attrezzature da pesca inoltre, si può dedurre che la pesca fosse molto sviluppata. L’alimentazione etrusca quindi era molto varia e “moderna”.
Dopo la decadenza della federazione etrusca, la zona costiera fu quasi completamente abbandonata, soprattutto a causa della malaria che imperversò quasi fino all’inizio del secolo scorso. Fu a questo punto che la Maremma si divise in due aree: nella zona collinare prevalevano l’agricoltura e l’allevamento, mentre in quella costiera il consumo di pesce.

Le origini Medioevali della cucina maremmana

Anche i piatti che noi gustiamo oggi derivano da cucine diverse, soprattutto di tradizione medioevale; l’usanza delle zuppe, come l’acquacotta, composte principalmente da cipolle, uova o funghi e verdure, oppure la zuppa di pesce, da mangiare tutte con la fettunta, e dei piatti “poveri” come i malfatti con ricotta e spinaci, e i dolci di frutta secca, miele e uova, alimenti sempre reperibili, derivano dalla tradizione contadina, mentre quelli più ricchi di carne, come il cinghiale e soprattutto il bovino, sono stati realizzati per le tavole dei ricchi feudatari.
La cucina di questo periodo non è caratterizzata, come spesso si crede, da carni poco cotte ed eccessivamente speziate, o carbonizzate per coprire la cattiva conservazione degli alimenti, ma soprattutto nel tardo Medioevo, la cucina ricercava sapori nuovi, tramite la sovrapposizione dei sapori, salse agrodolci, formaggio e zucchero.Il sale invece era poco utilizzato, perché troppo costoso. Era molto curata anche la presentazione dei cibi, tanto che venivano preferiti soprattutto volatili per le piume che rendevano più scenografico l’ingresso del piatto.

Dal Rinascimento ai nostri giorni

Questo aspetto fu maggiormente accentuato nel Rinascimento, quando i sovrani cominciarono a non badare a spese per mostrare la loro magnificenza; tornò in voga anche il banchetto a tema che tanto era di moda tra i greci e i romani.In questo periodo, nonostante fosse già molto conosciuta, la cucina italiana divenne famosa in tutta Europa.
La sontuosità dei piatti si trasformò in ricerca della particolarità nel Barocco; la costruzione, in questo caso, si aveva proprio nelle ricette. In questo periodo prevalgono le preparazioni simil-arabe, come i pasticci e, nonostante i prodotti provenienti dalle Americhe, come il mais, abbiano larga diffusione nelle cucine italiane, prevalgono la cioccolata e il caffè, sempre di origine araba. Nascono in questo periodo il sorbetto e le bevande rinfrescanti come la granita.
Solo nell’Ottocento si riscopre la vera cucina Maremmana, quella semplice, legata ai prodotti stagionali, che costituisce la base della cucina mediterranea. Ogni ricetta è composta da pochi ingredienti, carne o verdure, arricchite con spezie e odori come pepe, rosmarino, salvia, timo, basilico e alloro, ma anche peperoncino e noce moscata.

Cibi e piatti tipici

Il suo punto forte è sempre stato il pane, base dell’alimentazione fin dall’epoca etrusca.Il pane toscano è “ispido”, cioè senza sale, quindi riesce ad associarsi bene praticamente ad ogni piatto, e in alcuni casi sostituiva anche la pasta, piatto non proprio abituale in Maremma.Ma ne esistono anche tipi particolari, come il pane di ramerino e la schiacciata con l’uva. Inoltre non bisogna dimenticare la bruschetta, o fettunta, accompagna tutte le zuppe maremmane, e i crostini, tipicamente con patè di fegato se ci si trova nelle zone interne, o con la bottarga, le uova di cefalo o tonno essiccate, se siamo vicini alla costa.Ma anche la panzanella, preparata per utilizzare il pane vecchio, ammolandolo nell’acqua e mescolandolo con verdure fresche di stagione, un filo d’olio e basilico, la “pappa col pomodoro” e molte altre ricette.
L’olio è da sempre eccezionale e accompagna praticamente tutte le ricette della zona, sia a crudo che in cottura. Sono presenti moltissime varietà di vino, quasi una per ogni località, prevalentemente bianchi sulla costa, e rossi nell’entroterra.
Nonostante la semplicità, le ricette variano di paese in paese; ogni piccolo centro maremmano riesce a personalizzare piatti diffusi in tutta la Toscana, creando una grande varietà di pietanze.