La psicosomatica è quella branca della medicina che pone in relazione la mente con il corpo, ossia il mondo emozionale ed affettivo con il soma (il disturbo), occupandosi nello specifico di rilevare e capire l’influenza che l’emozione esercita sul corpo e le sue affezioni. In questo articolo allargheremo ulteriormente il campo di indagine della psicosomatica analizzando come il contesto di vita dell’individuo possa contribuire a creare o a mantenere un sintomo psicosomatico.
I disturbi psicosomatici sono suddivisibili in due gruppi: i disturbi psicosomatici primari e secondari.
- Nei disturbi psicosomatici primari è presente una disfunzione biologica, ad esempio nei disturbi metabolici come il diabete e nelle diatesi allergiche come nell’asma. L’elemento psicosomatico sta nell’esacerbazione emozionale del sintomo già esistente. Ad esempio, un bambino che soffre di asma può avere dei gravi e ricorrenti attacchi d’asma in risposta a stimoli emotivi più che fisiologici, in questo caso può essere chiamata “asma psicosomatica”. Questo non implica in nessun modo un’eziologia psicologica per il disturbo originale.
- Nei disturbi psicosomatici secondari, invece, non può essere dimostrata nessuna disfunzione biologica all’origine dei sintomi. L’elemento psicosomatico è evidente nella trasformazione dei conflitti emotivi in sintomi somatici. Questi sintomi si possono fissare in una malattia grave e debilitante come l’anoressiao in sintomi meno gravi, ma comunque fastidiosi, come la colite spastica, la gastrite cronica ecc..
Sintomi disturbi psicosomatici
- disturbi a carico del sistema respiratorio: asma bronchiale (frequente soprattutto nei bambini).
- disturbi del comportamento alimentare anoressia bulimia binge eating.
- disturbi a carico del sistema gastrointestinale: colon irritabile; gastrite cronica; iperacidità gastrica; stipsi; nausea; vomito; diarrea.
- disturbi a carico del sistema cardiovascolare: aritmie; ipertensione arteriosa essenziale; crisi tachicardiche; la cefalea emicranica.
- disturbi a carico del sistema cutaneo: psoriasi; sudorazione profusa; eritema pudico (rossore da emozione); dermatite atopica; orticaria; secchezza della cute e delle mucose.
- disturbi a carico del sistema muscoloscheletrico: cefalea tensiva; cefalea nucale; torcicollo; lombalgie; cervicalgie.
I modelli lineari, ovvero tutti gli approcci che si focalizzano sul paziente singolo (approccio medico, psicodinamico, comportamentista, cognitivista) spiegano il disturbo psicosomatico come un meccanismo di difesa da emozioni dolorose e intollerabili che si attua con un’espressione diretta del disagio psicologico attraverso il corpo.
L’ansiala sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel soma (il disturbo); non sono presenti espressioni simboliche capaci di mentalizzare il disagio psicologico e le emozioni, pur essendo presenti, non vengono percepite.
La persona non può, o non riesce, a esplicitare e a dare parola alle istanze conflittuali, a verbalizzare le tensioni emozionali.
Psicoterapia relazionale disturbi psicosomatici
Il modello sistemico ha integrato lo studio sui meccanismi psicologici dei disturbi psicosomatici nell’individuo con l’osservazione dell’individuo nel suo contesto e in particolare all’interno delle relazioni familiari. L’unità psicologica non è l’individuo, ma l’individuo nei suoi contesti sociali significativi.
Da diversi studi è emerso come certi tipi di organizzazioni familiari siano strettamente correlate allo sviluppo e al mantenimento di sindromi psicosomatiche in uno dei suoi membri, e come i sintomi di quest’ultimo a loro volta giochino un ruolo importante nel mantenimento dell’equilibrio familiare.
In particolare, le famiglie con pazienti psicosomatici sono caratterizzate dall’impossibilità di esplicitare e dare voce al conflitto e alla tensione emozionale che ne deriva.
L’impossibilità di esprimere le proprie emozioni non è dunque una caratteristica di personalità dell’individuo, ma è una qualità del sistema a cui appartiene, la sua famiglia, a cui è costretto a conformarsi.
La manifestazione psicosomatica del disagio corrisponde quindi alla difficoltà di verbalizzare i vissuti emozionali, ma non in conseguenza ad una caratteristica personalità dell’individuo, bensì in conseguenza al fatto che le emozioni vengono accuratamente filtrate in modo da evitare tensioni e conflittualità e da mantenere una pseudoarmonia del sistema familiare.
Il linguaggio scelto dal paziente per esprimere il disagio, il disturbo corporeo, è quindi il linguaggio della sua famiglia.
Il modo più efficace per cambiare i sintomi è modificare i modelli che li mantengono. La psicoterapiapiù efficace in questi casi è quindi la terapia familiare.
Il fine della terapia è che cambi non solo l’individuo, ma il sistema funzionale della famiglia, in modo da venire incontro a tutti i bisogni di autonomia e di sostegno dei suoi membri.
A questa strategia di difesa è collegata la possibilità di amnesie più o meno prolungate o l’assunzione da parte del soggetto di un atteggiamento che “attutisca” l’impatto degli stimoli del mondo esterno determinando la “paralisi psichica” o “anestesia emozionale”. La persona ha un forte calo di interesse verso il mondo esterno e sembra che spesso le emozioni gli scivolino addosso.
Anche sul piano fisico vi e’ un mutamento dei meccanismi fisiologici con un innalzamento dell’ansia e un aumento dell’attivazione corporea presente in chi percepisce un pericolo incombente. Ciò si manifesta attraverso attività fonte di stress fisico e psicologico quali:
Difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno.frequenti durante i quali viene rivissuto l’evento traumatico ed esagerate risposte di allarme o scoppi d’ira,a concentrarsi o a eseguire compiti.
Nel Disturbo Post Traumatico da Stress, si può, quindi reagire al trauma con due modalità che possono persino presentarsi in diversa combinazione. Attraverso un potenziamento innaturale e dispendioso delle reazioni di allarme e di controllo della realtà, o attraverso un apparente “spegnimento” del meccanismo di percezione degli stimoli di pericolo e delle emozioni in genere. Apparente perché in realtà il soggetto, a differenza del caso precedente, innalza la soglia minima al di sopra della quale e’ necessario proteggersi da un pericolo, esponendosi così a forti rischi e aumentando la probabilità del ripetersi di eventi traumatici che rafforza nella persona l’idea che inevitabilmente le cose per lei andranno male e che magari questo è anche colpa sua.
Per la Malacrea, l’individuo che cerca di affrontare le conseguenze di un evento traumatico e’ come “un’auto con acceleratore schiacciato a tavoletta (l’ipereccitazione), con il freno a mano contemporaneamente al massimo (l’iperadattamento) e magari con guidatore svenuto (dissociazione e scompenso della regolazione)”.